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ANDREA ATZENI
l’aveva relegato Croce. Contributi in tal senso si ritrovano anche in que­
gli studi presi in esame dal saggio fassoiano testé ricordato.
Proprio muovendo dalla rivalutazione del ruolo della cultura giuridi­
ca nella società meridionale, Ajello ha invece sottoposto a revisione non
solo alcuni perduranti capisaldi dell’interpretazione crociana della storia
di quella società36, ma anche una certa immagine postcrociana, ma in fon­
do ancora romantica ed idealistica, della cultura napoletana dai tratti ri­
gidi e retrogradi, volta a «celebrare l’isolamento eroico di un Vico, che
avrebbe dalla sua parte tutte le ragioni e contro di lui tutti i torti»37. Pa­
radossalmente, nella prospettiva di Ajello, di Vico può apparire più con­
sapevole e moderna proprio la metafisica, che acquisisce il punto qualifi­
cante dell’abbandono cartesiano dell’ontologia aristotelico-scolastica: il
passaggio da una conoscenza come adeguazione ad una conoscenza co­
me fare38. Con la forte attenuazione che quella di Vico è gnoseologia del
factum
piuttosto che del
facere
39. Una metafisica che si oppone alla scien­
za moderna accusandola di «particolarismo» ossia di ignoranza dei suoi
presupposti, ma in fondo lo fa «non a torto»40e ben comprendendo «il
senso del processo di geometrizzazione della fisica operato da Cartesio»
36 Si vedano specialmente R. A
jello
,
Croce e la storia ‘ideale’ del Mezzogiorno,
in «A r­
chivio storico per le province napoletane» CX (1992), pp. 351-440; e Id.,
Croce e la storia me­
ridionale
, in
Croce quarantanni dopo,
a cura dell’istituto Nazionale di Studi Crociani, Pesca­
ra, 1993. Dello stesso autore cfr. le pagine introduttive a F. D ’And rea,
Avvertimenti ai nipo­
ti,
a cura di I. Ascione, Napoli, 1990.
37 Ed anzi, «mentre Croce - giustamente attratto dagli aspetti teoretici del pensiero vichia­
no e ad essi in particolare attento - giudicò sempre con prudenza l’inserimento del filosofo nel
suo ambiente, la versione ultima (...) ha spostato il problema pienamente sul piano politico e cul­
turale» (R. A
jello
,
Dal «facere» al «factum». Sui rapporti tra Vico e il suo tempo, con una replica
a G. Giarrizzo e F. Bologna,
in questo «Bollettino» XII-XIII, 1982-83, pp. 343-359; le citazioni
sono prese dalla p. 344). L’articolo riassume e precisa alcuni intenti del saggio dello stesso R.
A
jello
,
Cartesianismo e cultura oltremontana al tempo della 'Istoria civile’,
che introduce il vo­
lume
Pietro Giannone e il suo tempo,
a cura di R Ajello, Napoli, 1980, pp. 3 -181. Per Vico cfr.
in particolare il par. 9; la polemica è diretta qui in particolare contro De Giovanni e Badaloni.
38 «La logica aristotelica presupponeva una determinata ontologia: alla realtà distinta dal
pensiero inerivano qualità e quantità oggettive, che la scienza si proponeva di classificare, fis­
sando ‘ciò che è costante’. È su questo punto che si pone la differenza fra una conoscenza co­
me adeguazione ed una conoscenza come fare: nella logica aristotelica la costanza era espres­
sione di essenze; per Cartesio è effetto di una valutazione, di una misura, ossia del ‘mettere in
relazione’ i fenomeni, del realizzare ‘una comparazione’» (Id.,
Cartesianismo...,
cit., pp. 71-
72). «La gnoseologia vichiana, nella sua prima forma, tendeva appunto a superare quell’apo-
ria mediante una metafisica del fare-conoscere, fondata sulla matematica e sull’esperimento»
(ibid.,
p. 97).
39 «In Vico, l’azione non creava nuove realtà, ma adeguava un’umana esperienza già com­
piuta, se non immobile, ciclicamente sempre uguale a se stessa, eterna nei suoi contenuti
profondi» (Id.,
Dal «facere» al «factum»...,
cit., p. 351).
40 Id.,
Cartesianismo.
.., cit., p. 74.
1...,68,69,70,71,72,73,74,75,76,77 79,80,81,82,83,84,85,86,87,88,...241