78
ANDREA ATZENI
l’aveva relegato Croce. Contributi in tal senso si ritrovano anche in que
gli studi presi in esame dal saggio fassoiano testé ricordato.
Proprio muovendo dalla rivalutazione del ruolo della cultura giuridi
ca nella società meridionale, Ajello ha invece sottoposto a revisione non
solo alcuni perduranti capisaldi dell’interpretazione crociana della storia
di quella società36, ma anche una certa immagine postcrociana, ma in fon
do ancora romantica ed idealistica, della cultura napoletana dai tratti ri
gidi e retrogradi, volta a «celebrare l’isolamento eroico di un Vico, che
avrebbe dalla sua parte tutte le ragioni e contro di lui tutti i torti»37. Pa
radossalmente, nella prospettiva di Ajello, di Vico può apparire più con
sapevole e moderna proprio la metafisica, che acquisisce il punto qualifi
cante dell’abbandono cartesiano dell’ontologia aristotelico-scolastica: il
passaggio da una conoscenza come adeguazione ad una conoscenza co
me fare38. Con la forte attenuazione che quella di Vico è gnoseologia del
factum
piuttosto che del
facere
39. Una metafisica che si oppone alla scien
za moderna accusandola di «particolarismo» ossia di ignoranza dei suoi
presupposti, ma in fondo lo fa «non a torto»40e ben comprendendo «il
senso del processo di geometrizzazione della fisica operato da Cartesio»
36 Si vedano specialmente R. A
jello
,
Croce e la storia ‘ideale’ del Mezzogiorno,
in «A r
chivio storico per le province napoletane» CX (1992), pp. 351-440; e Id.,
Croce e la storia me
ridionale
, in
Croce quarantanni dopo,
a cura dell’istituto Nazionale di Studi Crociani, Pesca
ra, 1993. Dello stesso autore cfr. le pagine introduttive a F. D ’And rea,
Avvertimenti ai nipo
ti,
a cura di I. Ascione, Napoli, 1990.
37 Ed anzi, «mentre Croce - giustamente attratto dagli aspetti teoretici del pensiero vichia
no e ad essi in particolare attento - giudicò sempre con prudenza l’inserimento del filosofo nel
suo ambiente, la versione ultima (...) ha spostato il problema pienamente sul piano politico e cul
turale» (R. A
jello
,
Dal «facere» al «factum». Sui rapporti tra Vico e il suo tempo, con una replica
a G. Giarrizzo e F. Bologna,
in questo «Bollettino» XII-XIII, 1982-83, pp. 343-359; le citazioni
sono prese dalla p. 344). L’articolo riassume e precisa alcuni intenti del saggio dello stesso R.
A
jello
,
Cartesianismo e cultura oltremontana al tempo della 'Istoria civile’,
che introduce il vo
lume
Pietro Giannone e il suo tempo,
a cura di R Ajello, Napoli, 1980, pp. 3 -181. Per Vico cfr.
in particolare il par. 9; la polemica è diretta qui in particolare contro De Giovanni e Badaloni.
38 «La logica aristotelica presupponeva una determinata ontologia: alla realtà distinta dal
pensiero inerivano qualità e quantità oggettive, che la scienza si proponeva di classificare, fis
sando ‘ciò che è costante’. È su questo punto che si pone la differenza fra una conoscenza co
me adeguazione ed una conoscenza come fare: nella logica aristotelica la costanza era espres
sione di essenze; per Cartesio è effetto di una valutazione, di una misura, ossia del ‘mettere in
relazione’ i fenomeni, del realizzare ‘una comparazione’» (Id.,
Cartesianismo...,
cit., pp. 71-
72). «La gnoseologia vichiana, nella sua prima forma, tendeva appunto a superare quell’apo-
ria mediante una metafisica del fare-conoscere, fondata sulla matematica e sull’esperimento»
(ibid.,
p. 97).
39 «In Vico, l’azione non creava nuove realtà, ma adeguava un’umana esperienza già com
piuta, se non immobile, ciclicamente sempre uguale a se stessa, eterna nei suoi contenuti
profondi» (Id.,
Dal «facere» al «factum»...,
cit., p. 351).
40 Id.,
Cartesianismo.
.., cit., p. 74.