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ANDREA ATZENI
«vero» ed al «certo», cioè, rispettivamente, di universale, eterno ed asso­
luto, al primo; di particolare, transeunte e contingente, al secondo.
Tuttavia, proprio Ajello fornisce (e riguardo alle medesime catego­
rie, o perlomeno a quella del «certo») utilissimi suggerimenti contro le
semplificazioni più diffuse, allorquando ricorda e sviluppa le precoci cri­
tiche mosse a Croce da Montemayor e dalla sua scuola. Per costui era
proprio la contrapposizione idealistica fra particolare ed universale a
portare, nel campo teoretico, all’elisione del mondo dell’esperienza (del­
la scienza, della tecnica e della storia); e nel campo pratico, alla riduzio­
ne della filosofia del diritto a filosofia dell’utile, della giuridica ad eco­
nomica. Agli schematismi crociani era al proposito contrapposta proprio
la filosofia vichiana, in quanto capace di delineare un’autonoma catego­
ria del giusto, intermedia tra economia ed etica48. E, come abbiamo vi­
sto sopra, è lo stesso Ajello a scorgere nel «certo» le realtà (e non solo
quelle giuridiche) schiacciate dalle categorie crociane.
Un altro recente esempio di come sia possibile, pur sviluppando una
critica esplicita contro l ’impostazione di Croce e di Fassò, mantenersi
entro le stesse linee interpretative riguardo ai tratti che andiamo qui
prendendo in considerazione, è offerto dall’articolato e coerente studio
di Francesco Botturi49. Per Botturi, anzitutto, il «certum» non può es­
sere sbrigativamente identificato col «factum», come tenderebbe invece
a suggerire (seguendo, a ben vedere, la strada tracciata da Fassò) gran
parte della letteratura vichiana50. Più esplicitamente:
La concezione del
verumfactum
non come identità ma solo come parte­
cipazione al vero eterno e del certo come non convertibile col vero sono i
cardini della revisione critica della
lettura di tipo idealistico o immanentisti­
co del testo vichiano
51.
Il
«verum» è dunque divino, eterno ed assoluto, è « l’universalità tra­
la più generale fortuna di Seneca. Dovunque l’abbia attinta, Vico la impiega in senso enciclope­
dico (un enciclopedismo che investe anche i termini «giuridici») e la sua duplice articolazione la
lega alle diadi di filosofia e filologia, vero e certo, nonché a quella di
jus naturale gentium.
48 G. D
e
M
ontemayor
,
Storia del diritto naturale,
Milano-Palermo- Napoli, 1911, p. 858;
cit. nella introduzione a F. D ’A
ndrea
,
Avvertimenti.
.., cit., da Ajello, che aggiunge: «assieme
ad esso è irrilevante ai fini della conoscenza ogni realtà sociale ed istituzionale che sia fuori
della sintesi spirituale tra individualità e Tutto» (p. XXXI).
49 F.
BOTTURI,
La sapienza della storia. G. B. Vico e lafilosofia pratica,
Milano, 1991.
50
Ibid.,
pp. 209-210. Quanto, poi, al rapporto tra
verum-factum
e
verum-certum
: «For­
se, come modello formale di interpretazione, si potrebbe dire che i due principi stanno tra
loro nel
rapporto di ciò che è epistemologicamente trascendentale con ciò che è categoriale»
(ibid.,
p. 216).
51
Ibid.,
p. 217.
1...,70,71,72,73,74,75,76,77,78,79 81,82,83,84,85,86,87,88,89,90,...241