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ANDREA ATZENI
ma istanza divina unificante è quindi, come avverrà per la provvidenza
nelle
Scienze nuove
, la mera conservazione. E con un simile giro di pen­
siero Vico potrà allora scoprire la ragione e la verità insite nella falsità
della «sapienza poetica» prerazionale.
Seguendo il rinvio vichiano, Botturi sposta infine la sua attenzione sul­
le
definitiones
del
Proloquium,
che segue piuttosto puntualmente, soffer­
mandosi sul
certum,
sulla sua duplice origine empirica, infine
svJk’aucto­
ritas
che ne è fondamento diverso dalla
ratio,
ma è anche
pars rationis
(se
la
persuasio
che ne deriva non è falsa). Riguardo al
verum,
ne è estesa an­
che a questo luogo l’ormai stabilita «referenza metafisica»69, non intac­
cabile neanche dalla constatazione che «nello stesso contesto il discorso,
che sembra procedere per opposizione polare tra verità e certezza, sug­
gerisce invece una interessante logica interna di tipo gradualistico»70:
Da questo punto di vista il «certum» apparirà come un ulteriore, più de­
bole grado di verità, in quanto non proveniente da una qualche conoscenza
dell’«ordo rerum» (...): vi è dunque un ordine gerarchico che, distinguendo
tra «scientia», «opinio» e «persuasio», unisce tra loro «ratio» e «auctoritas»,
«verum» e «certum»71.
Ora, nel testo, Vico distingue anzitutto fra loro i termini
verum
e
cer­
tum-.
Vi sono due parole vero e certo, che occorre distinguere, come tutti di­
stinguono il falso dal dubbio: perciò il certo differisca dal vero, quanto il fal­
so differisce dal dubbio. Infatti se le due cose non vengono poste come di­
stinte, essendo dubbie molte verità, queste sarebbero allo stesso tempo dub­
bie e certe; ed al contrario, essendo innumerevoli falsità ritenute certe, quel­
le sarebbero allo stesso tempo vere e false. L’accordo della mente con l’or­
dine delle cose genera il vero; la coscienza al riparo dal dubbio genera il cer­
to. D’altronde quell’accordo con lo stesso ordine delle cose è ed è chiama­
to «ragione»72.
Non vi è affatto una contrapposizione polare fra i due termini, come
si ha invece tra contraddittori o tra contrari. Semplicemente si nega la
coincidenza sinonimica. Nulla vieta ad esempio che sia certa la stessa
69
B o ttu r i,
op. cit.,
p. 213.
70
Ibid.,
p. 214. Da porre a confronto con la già menzionata «gradazione analogica delle
forme di sapere» del
Liber (ibid.,
pp. 96 sgg.).
71
Ibid.,
p. 214.
72 «Duo verba sunt verum et certum, que distingui oportet, uti falsum omnes distinguunt
a dubio: quare quantum distat a dubio falsum, tantum distet a vero certum. Quae duae res ni­
si statuantur aliae, cum multa vera sint dubia, ea essent dubia et certa simul; et contra, cum
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