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SABINE MARIENBERG
se la
Scienza nuova,
o almeno non la lesse veramente, come attesta una let­
tera che scrive a Herder del 21 dicembre 1777. Hamann si era fatto man­
dare il volume dall’Italia, ritenendo che si trattasse di un’opera sulla teo­
ria economica dei fisiocratici; quando però si era trovato di fronte alle con­
siderazioni filologiche di Vico, dopo aver letto solo qualche pagina della
«Dipintura» aveva chiuso il libro deluso. E tuttavia legittima l ’ipotesi che
anche la lettura integrale dell’opera non avrebbe potuto avere su di lui
un’influenza significativa, in quanto a quel tempo il filosofo tedesco ave­
va già sviluppato le linee essenziali della sua filosofia del linguaggio.
La serie dei «confronti» tra Vico e altri autori è notoriamente ampia,
così come diffusi sono i pericoli e gli errori da evitare nell’intraprende-
re una tale indagine. Preliminarmente va detto che, nell’accostare le idee
sul linguaggio di Vico e di Hamann, non è legittimo interpretare l ’uno
come precursore o successore dell’altro; tale operazione va esclusa a par­
tire dalla diversità del retroscena culturale che presenta rispettivamente
la Napoli cattolica di Vico e la Kònigsberg riformata di cinquant’anni
dopo. La stessa rappresentazione dei due pensatori come antiilluministi
- per esempio in base ad alcuni elementi come quelli individuati da Isaiah
Berlin nel caso di Vico e Herder - sembra poco utile, in quanto una sif­
fatta impostazione trascura le differenze senza rendere giustizia all’indi­
vidualità storica di Vico e Hamann.
Una posizione radicalmente opposta alle precedenti, ma egualmente
improduttiva, è quella sostenuta nel saggio
Vico e Hamann
da Benedet­
to Croce, il quale rifiuta con forza ogni parallelismo tra i due autori, an­
notando semplicemente che «Vico fu Vico e Hamann fu Hamann»3. Più
recentemente Fulvio Tessitore, pur condividendo l’opinione crociana
che un’influenza diretta di Vico su Hamann sia fuori discussione, parla
di «analogia funzionale»4. Il terreno di questa analogia viene individua­
to, riprendendo una tesi di Apel, nel contesto della metafisica cristiano­
platonica del
logos,
una concezione che, tanto in Vico quanto in Hamann,
«riconduce alle idee speculative di fondo formulate nel modo più chia­
ro e significativo da Nicola Cusano: quelle di simbolo, il prospettivismo
ad essa attinente, l ’idea di
homo creator
e il concetto di conoscenza che
le si riconnette»5. Si tratta cioè delle idee di un mondo concepito lin­
3 B.
C
roce
,
Vico e Hamann
(1919), in
Saggio sullo Hegel,
Bari, 19484, pp. 312-313.
4 F.
TESSITORE,
Vico nelle origini dello storicismo tedesco,
in questo «Bollettino» IX (1979),
pp. 5-34.
5 K.-O.
A
pe l
,
L’idea di lingua nella tradizione dell’umanesimo da Dante a Vico,
tr. it. Bo­
logna, 1975, p. 407. Per una analisi critica della posizione di Apel si veda G.
S
an tinello
,
Cusano e Vico: a proposito di una tesi di K. O. Apel,
in questo «Bollettino» VII (1977), pp.
141-150.
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