L’AGIRE SEMIOTICO IN VICO E HAMANN
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guisticamente, dell’analogia tra creatività divina e umana e di un certo
«prospettivismo», implicito nella creazione simbolica operata dall’uo­
mo. Supponendo l ’esistenza di una siffatta analogia funzionale, si pre­
senta la possibilità, come osserva Tessitore con molta cautela, «d i rin­
tracciare così le orme pur leggere di una sotterranea presenza (o quanto
meno, non assenza) di Vico, dei problemi di Vico nel mondo da cui vien
fuori lo storicismo tedesco».
Vorrei a questo punto accennare brevemente ai punti in comune più
espliciti tra Vico e Hamann per poi accennare molto brevemente ad al­
cune differenze fondamentali.
Un primo, evidente parallelo consiste nell’atteggiamento di rifiuto di
un’interpretazione della ragione programmaticamente limitata; entram­
bi infatti mettono in luce l ’aspetto della
hybris
nella concezione di una
ragione teoretico-obiettiva che si concepisce come universale, atempo­
rale e indipendente dal linguaggio. Di fronte ad un concetto di cono­
scenza che si basa esclusivamente sulla prestazione della ragione, Vico e
Hamann sottolineano l ’importanza del ruolo che l ’esperienza concreta,
sensibile e linguisticamente concepita svolge nel processo cognitivo. Con
enunciati quasi di uguale tenore, i due filosofi lamentano che dal ragio­
nare puro della filosofia (rispettivamente cartesiana e kantiana) vengo­
no esclusi sia la storia che il linguaggio. Per entrambi, i sensi e le passio­
ni sono fonti della conoscenza, e più precisamente di una conoscenza im­
maginifica: in Vico le immagini sono i
caratteri poetici
dei primi uomini,
laddove Hamann è convinto che sensi e passioni generalmente mediano
la conoscenza solo tramite le immagini che vengono poi tradotte in un
linguaggio poetico. Entrambi condividono dunque l’opinione per cui il
linguaggio che corrisponde alla conoscenza sensibile è quello poetico;
ciò non significa tuttavia negare la possibilità di una conoscenza razio­
nale; ciò che essi confutano è piuttosto che questa conoscenza sia in­
condizionata, mentre sottolineano la dimensione storica della raziona­
lità, accentuando la sensibilità, la poeticità e il prospettivismo dell’ac­
cesso umano al mondo.
A questo punto desidero intraprendere un piccolo
excursus
per ren­
dere ulteriormente definita la cornice teorica della mia indagine. Il con­
testo in cui mi sembra opportuno inserire le concezioni del linguaggio
di Vico e Hamann è quello dell’antropologia filosofica. Sia Vico che Ha­
mann, con le loro esposizioni sull’origine, lo sviluppo o la funzione del
linguaggio, toccano alcune questioni centrali dell’antropologia, come il
rapporto fra l ’uomo e il suo ambiente naturale e sociale, la definizione
dell’umano nel confronto con il divino e Inanimale», la questione delle
possibilità e dei limiti della conoscenza umana.
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