PASSIONI E RAGIONE NELLA FILOSOFIA CIVILE DI VICO
99
co stesso tiene a ricordare nelle pagine autobiografiche - della elabora­
zione del concetto di «storia ideale eterna sulla quale corresse la storia
universale di tutti i tempi, conducendovi, sopra certe eterne propietà del­
le cose civili, i surgimenti, stati, decadenze di tutte le nazioni»4. A ren­
dere ancora più concretamente possibile e visibile l ’integrazione di filo­
sofia e filologia interviene il «terzo» autore di Vico, quel Bacone che riu­
sciva a condensare in sé, nella propria esperienza personale, dottrina e
pratica, che seppe essere «raro filosofo» e «gran ministro di stato del­
l ’Inghilterra». Se per Platone resta pressocché esaustiva la sapienza ri­
posta (rispetto alla quale quella volgare resta men che un ornamento), e
se per Tacito l’importante trasformazione della metafisica avviene grazie
alla predominante attenzione per i fatti morali e politici (senza, tuttavia,
l ’ausilio di un sistema che sia in grado di unificare la molteplicità di es­
si), «Bacone vede tutto il sapere umano e divino, che vi era, doversi sup­
plire in ciò che non ha ed emendare in ciò che ha»5. E, tuttavia, anche
Bacone ha bisogno di essere integrato dal quarto ed ultimo autore vi­
chiano, Grazio. Il filosofo inglese, infatti, secondo Vico, non riuscì, nel­
lo specifico ambito del diritto, a innalzarsi «troppo all’universo delle
città», né a dare di questa una visione capace di guardare a «tutti i tem­
p i» e alla «distesa di tutte le nazioni». Grazio, invece, «pone in sistema
di un diritto universale tutta la filosofia e la filologia»6. Proprio a parti­
re dallo studio intenso di questi quattro autori, dall’analisi dei loro limi­
ti, dall’apprezzamento e dall’approfondimento delle loro teorizzazioni,
Vico venne gradualmente rendendosi conto di dover porre mano, con la
sua Scienza nuova, a un sistema in cui si potessero conciliare la «miglior
filosofia» (quella platonica) e la filologia da trattare scientificamente, tan­
to nella storia delle lingue, degli antichi «parlari, delle favolose origini
dell’umanità», quanto in quella delle cose, un sistema, cioè, che «com­
ponesse amichevolmente e le massime de’ sapienti dell’accademie e le
pratiche de’ sapienti delle repubbliche»7. La scienza della storia, dun­
que, ha bisogno, per Vico, dei principi direttivi della filosofia, e tali prin­
cipi vengono anzitutto utilizzati allorquando essa si volge all’ambito del­
la sapienza pratico-politica. L’attività pratica dell’uomo, la politica, il lun­
go lavoro storico attraverso cui passa l ’organizzazione civile delle nazio­
4
Vita,
p. 30.
5
Ibid.,
p. 44.
6
Ivi.
Sul rapporto tra Vico e Grozio resta fondamentale lo studio di G.
FASSÒ,
Vico e Gro-
zio,
Napoli, 1971. Ma cfr. anche D.
F
aucci
,
Vico e Grozio «giureconsulti del genere umano»,
in
Vico e l’instaurazione delle scienze,
a cura di G. Tagliacozzo, Lecce, 1978, pp. 75-131.
7
Vita,
p. 45.
1...,89,90,91,92,93,94,95,96,97,98 100,101,102,103,104,105,106,107,108,109,...241