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ALESSIA SCOGNAMIGLIO
la comune nozione dell’
eterno vero
l ’uomo si trova in relazione con gli
altri esseri umani. Egli, come si è già detto, convive con i suoi simili an
che per due fini specifici: trarre da tale unione una forza in grado di ali
mentare la stessa verità e scambiare reciprocamente le utilità necessarie
per vivere. In quest’ultimo caso quando la
vis veri
si indirizza a regolare
e equiparare le utilità prende il nome di
giustizia-,
è in questa funzione,
cioè nel servire all’eterno vero, che risiede
il principio e ilfine
di ogni or
dinamento giuridico, così come - si faccia attenzione - è proprio qui che
si innesta il principio della politica. Se tale è dunque
il principio e ilfine
unico del diritto universale,
esso - emblema di ogni verità - in ultima
istanza
è in Dio:
ne consegue che
l’utilità
è solo
occasione
del diritto e
della società umana, mentre
Xonestà -
che si fonda sull
'eterno vero -
ne
è la
causa.
Nel diritto, allora, Vico individua e isola un momento immu
tabile e importantissimo, ed è proprio in quell’unità in cui esso si fonda
nell’eterno vero che Agostino ravvisa la voce della divina volontà e il mez
zo attraverso il quale Dio manifesta all’uomo l’eterno giusto.
Si è visto che la natura umana si fonda sulla conoscenza del vero e sul
le affinità tra gli uomini, dal che derivano i tre precetti del diritto - che po
tremmo definire indirizzi generali di condotta individuale e di relazione -
ai quali l’uomo è sempre tenuto ad attenersi:
vivere onestamente
o secondo
verità, non offendere alcuno e rendere a ciascuno ciò che gli spetta51. Vico
intuisce che tali
juris praecepta
non sono solo semplici prescrizioni di dirit
to naturale e quindi del giusto, ma sono, allo stesso tempo, assiomi del di
ritto civile e della giurisprudenza. Questi principi, solo a prima vista astrat
ti, si riflettono, infatti, pure in direttive concrete: la giurisprudenza - raffor
zando ancora una volta il suo orientamento metodico - non è solo un’arte
che consta di mere regole, ma è altresì un esercizio che si fonda anche nel
la dimostrazione di principi desumibili per l’uomo nella natura. Tali prin
cipi, per la stessa circostanza che li vuole nozioni ‘emergenti’ dalla natura
comune a tutti gli uomini, sono anche le regole della scienza giuridica. L’ec
cellenza di questo sistema - così emerge da un’attenta lettura del
De uno -
è proprio nella comprensione degli ordinamenti storici del diritto, sotto la
premessa del concetto di un ‘diritto universale’, desunto nella sua ragione
dalla natura umana, e riscontrato per i suoi elementi formali nei sistemi
51
«Ex natura hominis, cuius est proprium nosse et verum nosse, uti supra diximus, est
primum iuris praeceptum - ‘honeste vivere’, - quo tenetur homo etiam in solitudine: quod
quae conformatio cum aeterno rerum ordine est menti verum quum eam cognoscit, et ipsa est
animo honestum quum eam eligit. Ex cognatione autem naturae sunt duo reliqua, ‘alterum
non ledere’ et ‘suum cuique tribuere’, quibus homo tenetur in omni humana societate, se
cundo in omni societate aequali, tertio in omni societate inaequali, de qua utraque paullo in
ferius dicemus»
(ibid..,
p. 69
[De uno,
§ LII]).