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ROSARIO DIANA
gos
ed empiria conseguente alla designazione teoretica di una ragione as
soluta ed astratta quale punto d’origine del pensare. Se una ricerca stori
co-teoretica in questa sede nemmeno immaginabile, svolta per picchi di ri
levanza o, per usare le eleganti parole di Meinecke, come una «peregrina
zione, per le creste dei monti» condotta non senza «rivolgere lo sguardo,
da un lato all’altro, a monti ed a valli che pur non si vanno a visitare»3, ma
facendo attenzione a non scivolare rovinosamente nei crepacci insidiosi
della filosofia della storia, dovesse mostrare quanto determinante in quel
la «tradizione filosofica occidentale» fino a Vico - illustrata da Verene nei
suoi tratti generalissimi4- sia stato il problema della connessione fra
lògos
ed esperienza, allora, lungi dall’esserne «fuori», Giambattista Vico an
drebbe considerato di sicuro non l’unico, ma fra i pochi autentici e più ef
ficaci rappresentati di quella «tradizione» medesima. Il che, naturalmen
te, nulla toglie all’originalità della riflessione vichiana, ma la declina misu
randola nel confronto con quel grande problema che, abbozzato nella sua
formulazione da Verene e da lui usato per contrasto nella determinazione
dell’«originalità» di Vico, il retaggio filosofico continentale consegnava al
pensatore napoletano: quello cioè di coniugare il
lògos
con l’effettività.
E a tal proposito non possono qui non essere richiamati in sintesi quei
capisaldi della filosofia vichiana, alcuni dei quali saranno toccati con
maggiore, seppure non esaustiva, attenzione nei paragrafi successivi. Ci
si riferisce, com’è ovvio, al rapporto di mutua assimilazione intercorrente
fra
verum
e
factum
5, al nesso scambievole di filosofia e filologia, e dun
3 F.
MEINECKE,
Le origini dello storicismo,
tr. it. Firenze, 1954, p. XIII.
4 A suffragio della sua lettura della «tradizione filosofica occidentale» Verene adduce come
unica prova « l’attacco platonico alle immagini poetiche e l’interesse di Aristotele a concepire
l’uomo come essere razionale»
(D. Ph.
VERENE,
L’originalitàfilosofica di Vico,
cit., pp.
101-102).
5 Su questo tema ci si limita, in via preliminare, a dare solo alcune fondamentali indicazioni
bibliografiche. Per l’interpretazione crociana, cfr. B.
CROCE,
La filosofia di Giambattista Vico
[1911], Bari, 198010, pp. 11-40 (una recentissima lettura della
Scienza nuova,
che, in contrappo
sizione a quella crociana - considerata troppo appiattita sull’idea pregiudiziale del precorrimen-
to della filosofia dello spirito -, mette in luce le intenzioni e gli esiti antropologici presenti nel ca
polavoro vicinano,
è
quella di M.
VANZULLI,
La scienza e l’anticipazione delpensiero assoluto. Su
Vico e Croce,
in
I
d
.,
La scienza nuova delle nazioni e lo spirito dell’idealismo. Su Vico, Croce e He
gel,
Milano, 2003, pp. 17-74). Per la storia della concezione del
verum-factum
nella filosofia pre
cedente quella vichiana, cfr. R
M
ondolfo
,
Il «verum-factum» prima di Vico,
Napoli, 1969, che
recepisce naturalmente le ricerche già condotte in questa direzione da B.
CROCE,
Lefonti della
gnoseologia vichiana,
in
I
d
.,
Saggio sullo Hegel
[1907], Bari, 19484, pp. 235-262, e da
G . GENTI
LE,
Studivichiani
[1915], Firenze, 19683. Ancora sulle ascendenze storiche del
verum-factum
con
una proiezione sull’avvenire cfr. A.
C
hild
,
Fare e conoscere in Hobbes, Vico eDewey,
tr. it., Na
poli, 1970; E.
G
arin
,
Introduzione
a
CHILD,
op. cit.,
pp. 7-12; E.
G
arin
,
Ancora sul «verum-fac-
tum» prima di Vico,
in questo «Bollettino»
II
(1972), pp. 59-61;
I
d
.,
Appuntiper una storia della
fortuna diHobbes nelSettecento italiano,
in «Rivista critica di storia della filosofia»
XV II
(1962)
4, pp. 515-519;
I
d
.,
A proposito di Vico e Hobbes,
in questo «Bollettino»
V ili
(1978), pp. 105-