RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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2. La ragione narrativa, proprio perché strutturalmente aperta alla tem­
poralità ed alla storia, non può nascondere la propria spiccata coloritura
dialogica. Già nelle prolusioni accademiche vichiane scelte di vita, culto
degli studi e trasmissione intersoggettiva del sapere denunciano palesi con­
nivenze con la condizione ontologica creaturale propria dell’uomo.
Nella prima orazione inaugurale, pronunciata nell’Università napoleta­
na il 18 ottobre 1699, il giovane professore di eloquenza prendeva le mos­
se dall’ingiunzione delfica che, rivolta all’uomo, gli comanda di conoscere
se stesso15.1~vcoGi aeamov significa per Vico - soggetto qui a forti sugge­
stioni platoniche e neoplatoniche, in senso lato, filtrate attraverso Agosti­
no e Ficino, suggestioni sulle quali non è il caso di soffermarsi, dal momento
che autorevolissimi studiosi lo hanno già fatto16- conoscere il proprio ani­
mo distinguendolo dal corpo, ridotto a mero «vaso (
vas)»,
a «ricettacolo
dell’animo
(animi receptaculum
)» privo di ogni principio di iniziativa, dal
momento che «è fatto dall’animo tuo tutto ciò che tu fai»17. Se l’uomo ve­
de nel corpo solo bruta materia e perciò ritiene di dover ritrovare il proprio
essere più autentico nell’animo, quest’ultimo, dal canto suo, diventa «evi­
dentissima immagine riflessa di Dio [...]. Come infatti Dio è nell’universo,
così l’uomo è nel corpo. Dio si effonde negli elementi costitutivi dell’uni­
verso, l’animo si effonde nelle membra del corpo umano; entrambi opera­
no staccati da ogni aggregazione con la materia e liberi e privi di ogni cor­
poreità. Come Dio è presente nell’universo, e non ne è racchiuso, così l’a­
nimo è presente dovunque nel corpo, e non ne è racchiuso»18. Siffatta ca-
15 Cfr. G.
VICO,
Le Orazioni inaugurali I-Vl,
edizione critica con testo a fronte a cura di
G. G. Visconti, Bologna, 1982 (d’ora in poi
Or. I... VI),
p. 77.
16 Com’è noto, Gentile ritiene che le orazioni inaugurali appartengano ad una prima «fase
neoplatonizzante» - segnata da un neoplatonismo stretto, filtrato attraversoMarsilio Ficino, net­
tamente distinto dal platonismo - della biografia filosofica di Giambattista Vico (cfr. G. Gen­
tile
,
Studi vichiani,
cit., pp. 27 sgg., 42 sgg., 400 sgg.). Diversamente da Gentile, Eugenio Ga­
rin
(Storia dellafilosofia italiana,
3 voli., Torino, 19662, voi. II, pp. 929-930) sottolinea l’adden­
sarsi nella prima orazione vichiana di motivi stoico-platonici e platonico-agostiniani, colti «nel­
l’insistente appello a cercare il vero lungi dai sensi, raccogliendosi nell’interiorità» e nella paral­
lela affermazione della «presenza germinale di ogni sapere nell’io». Secondo lo studioso, pro­
prio l’accento posto sull’io e sull’interiorità avrebbero indotto Vico a riproporre entusiastica­
mente in questa prima orazione il
cogito
cartesiano (cfr.
Or. I,
pp. 84/87). Altrove Garin ricon­
duce l’individuazione gentiliana (e crociana) delle «ascendenze umanistico-rinascimentali» neo­
platoniche di Vico alla matrice desanctisiana condivisa dai due grandi esponenti del neoideali­
smo italiano (cfr. E.
GARIN,
Vico e l'eredità delpensiero delRinascimento,
cit., pp. 70 sgg.).
17
Or. I,
p. 79 («ab animo tuo quicquid agitur, id agitur a te»,
ibid.,
p. 78).
18
Ibid.,
pp. 79 e 81 («Expressissimum Dei simulachrum... Ut enim Deus in mundo, ita ani­
mus in corpore est. Deus per mundi elementa, animus per membra corporis humani perfusus;
uterque ‘omni concretione’ secreti omnique corpore meri purique agunt. Et Deus in mundo, et
in corpore animus ubique adest, nec usquam comprehenditur»,
ibid.,
pp. 78 e 80).
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