RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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so da ogni tradizione di pensiero, ma è studio faticoso e disciplinato, con
dotto quotidianamente fra «continue veglie e sudori (
summis vigiliis et su
doribus
)»34e volto all’apprendimento di «tutte le conquiste del sapere che
sono state
raggiunte e tramandate dagli autori migliori»^.
L’uomo, arbitro assoluto per dono celeste del proprio destino, ente
che nell’universo della creazione svetta su tutti gli altri in quanto imma
gine di Dio, rinviene in sé doti divine delle quali non è artefice e tutta
via decide in piena autonomia se mortificarle nell’ignoranza o esaltarle
vivificandole con l’esercizio quotidiano della scienza36. Vale a dire: la
condizione ontologica che appartiene all’uomo e che è segnata dal vin
colo ineludibile della creaturalità non è uno spazio del tutto chiuso e pre
determinato con l ’atto della creazione, poiché entro tale contesto gli si
dischiude un ambito di discrezionalità in virtù del quale l ’esito della sua
scelta per il sapere o per la stoltizia decide rispettivamente dell’adesione
o deU’allontanamento dal proprio essere. A differenza dell’animale, l’uo
mo
fa
la sua essenza ricevendo da Dio solo i prerequisiti per la sua at
tuazione; egli si realizza nella
effettività
del proprio esistere e sostanzia
la
decisione per la scienza
con lo studio delle opere «tramandate» degli
«autori migliori». Lo studio, perciò, non è soltanto il mezzo per l’ap
prendimento del sapere depositato nei volumi scritti dagli spiriti eletti
deH’umanità, ma assume un denso spessore ontologico, poiché è lo sfor
zo giornaliero ininterrotto con il quale l ’uomo dà corso al suo essersi de
ciso per la conoscenza, ovvero lo strumento attraverso cui
nel tempo
l ’uo
mo affannosamente costituisce quell’essenza che lo definisce e che coin
cide con il sapere. Com’è evidente, tale processo di costruzione ontolo
gica non è e non potrebbe mai essere un itinerario percorso in solitudi
ne; al contrario, esso si sviluppa e si compie in un continuo rapporto con
l’Altro, ossia con gli «autori migliori», sulle cui opere si ‘veglia’ e si ‘su
da’: in modo tale che la laboriosa edificazione dell’essenza da parte del
l’uomo, lungi dallo svolgersi nella cupa tonalità minore del monologo, si
articola invece nella solare polifonia di un dialogo fra chi impara e chi
‘tramanda’ nel libro i risultati della sua ricerca; un dialogo assolutamen
te irrinunciabile, in quanto ontologicamente costitutivo di colui che ap
prende perché intenzionato a realizzare in sé l’aspetto divino della pro
34
Or. I,
pp. 92/95.
35
Ibid.,
p. 93, con lievissima modifica nella traduzione - corsivo mio («quicquid unquam
eruditionis ab egregiis authoribus repertum ac traditum fuerit»,
ibid.,
p. 92).
36 E quanto Vico affermerà a chiare lettere nel
De mente,
pp. 140/141: «la mente umana
[...] ha un’origine divina, e solamente le manca che venga sviluppata dalla cultura e dall’eru-
diziowne (humana [...] mens [...] divinam habet originem, cui tantum deest ut doctrina et
eruditione explicetur)».