RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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delinea così quel personale percorso di vita che lo condurrà alla somiglian­
za con Dio. E dunque entro l’orizzonte storico-esistenziale che l ’uomo de­
cide di conquistare la propria essenza divenendo uomo di scienza; egli non
deve però solo a se stesso il risultato che faticosamente ha conseguito, poi­
ché tale traguardo mai sarebbe stato raggiungibile senza il colloquio - me­
diato dallo studio incessante dei testi - con altri sapienti: maestri o sodali,
del passato o del presente. Quella affinità dell’uomo con l’uomo che in ori­
gine consisteva nella mera possibilità di rendersi simili a Dio, dote iniziale
comune a tutti gli esseri umani in quanto creati ad immagine e somiglianza
della divinità, trova il suo corrispettivo, entro l’orizzonte della vita vissuta
all’insegna della scienza, in una comunanza di pensiero fra sapienti che non
è
data
come un corredo co-originario alla condizione ontologica della crea-
turalità, ma è
costruita
attraverso la prassi gioiosa e gravosa della ricerca,
che, non immune da insuccessi teorici e delusioni pratiche, esige la pazien­
za della lettura attenta e della comprensione simpatetica. Per meglio preci­
sare: la comunanza ontologica, in quanto pura possibilità di somigliare a
Dio, è un dono divino che stringe in sé tutti gli uomini; la comunanza di
pensiero unisce solo gli uomini di scienza, i quali certo con la loro opera si
fanno
simili a Dio; all’interno di questa categoria, però, si incontrano, si ri­
conoscono e si comprendono solo quelli che a ciò sono spinti da interessi e
retaggi condivisi e dalle circostanze effettive più o meno ponderabili del co­
mune lavoro scientifico. Anche in questo caso la ragione fondante dell’uo­
mo, di chiara matrice metafisica - la somiglianza con Dio - , si declina sto­
ricamente fino a coinvolgere la storia personale dell’individuo, che è chia­
mato a decidersi per la scienza, se aspira alla propria essenza, e si ritrova,
per effetto della scelta compiuta, ad edificare il proprio sapere in un con­
tatto stretto, fatto di apprendimento e di confronto critico, con chi ha in­
trapreso un cammino analogo al suo prima di lui39. Qui, in una sorta di ac­
cattivante trasfigurazione all’incontrario, la pura dimensione ontologica
dell’essenza trabocca nei sentieri più incerti dell’esistenza storico-fattuale.
39
«Conoscere per Vico - scrive Fabrizio Lomonaco, sintetizzando con tratti chiari e deci­
si - non è più solo introspezione, un ritrarsi del soggetto dalla realtà nella propria intimità; co­
noscere è soprattutto uscire dalla propria astratta unità per proiettarsi nella vita associata, in no­
me proprio dell’umana ragione che è essenzialmente ragione
sociale»
(F. LOMONACO,
A propo­
sito di ‘Giusnaturalismo ed etica moderna’: note su Grozio e Vico nella 'V Orazione inaugurale’ -
1705,
in «Studi critici»
II,
1992, 1-2, p. 68). Al tema della socialità e della «filosofìa civile» - sui
cui caratteri di originalità in Vico ha posto l’accento con decisione - Giuseppe Cacciatore ha de­
dicato diversi suoi scritti (G. CACCIATORE,
Vicoe lafilosofiapratica,
in questo «Bollettino»
XXVI-
XXVII,
1996-1997, pp. 77-84;
Id.,
Filosofia ‘civile’ efilosofia ‘pratica’ in Vico,
in
Lafilosofia prati­
ca tra metafisica e antropologia nell’età di Wolffe Vico,
cit., pp. 25-44;
Id.,
Passioni e ragione nella
filosofia civile di Vico,
in questo «Bollettino»
XXXI-XXXII,
2001-2002, pp. 97-114). Ancora sul­
la socialità cfr. A. LAMACCHIA,
Senso comune e socialità in Giambattista Vico,
Bari, 2001.
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