RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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ca dell’antico. E se in questo intreccio virtuoso lo sguardo storico non
può e non deve ignorare il pensiero filosofico, questo, dal canto suo, non
può e non deve condizionarlo fino a viziare l’interpretazione documen­
taria con un pregiudizio teorico che anticipi, falsandole, le conclusioni
o le connetta artificiosamente in un sistema teorico privo di riscontro
nei fatti. E questa regola aurea che Vico enuncia nella chiusa del
Proe-
mium,
quando, accennando a «ciò che fecero Varrone nelle
Origines
,
Giulio Scaligero nel
De caussis latinae linguae,
Francisco Sanchez nella
Minerva
e Gaspare Schoppe nelle
Notae
al medesimo libro», distingue
l ’approccio di questi autori ritenendolo «molto lontano dal nostro as­
sunto. Essi infatti si adoperarono a dedurre le cause della lingua dalla fi­
losofia in cui ciascuno di essi era dotto e colto, e di raccoglierle in un si­
stema. Noi invece, senza essere affiliati ad alcuna scuola, ricercheremo
quale sia stata la sapienza degli antichi Italici dalle origini stesse delle
parole»59.
Nel senso che qui ci siamo sforzati di chiarire, il termine ‘ricerca’
(istoria)
diventa sinonimo di un filosofare che è ri-costruzione, giusto
equilibrio e reciproca integrazione di lavoro storico e riflessione teori­
ca cui ripugna ogni assimilazione fagocitante dell’uno all’altra o vice­
versa; un filosofare che non è mai una pura riflessione egologica, in
quanto la fondante relazione con l’altro (in questo caso la sapienza ri­
posta degli antichi joni ed etruschi), che ne costituisce il nerbo, non può
non tradursi nelle forme concrete della ricerca storica e storico-filoso­
fica. Qui ‘ricerca’ si contrappone naturalmente a ‘ideazione’, ossia ad
un modello di filosofia per il quale il processo di elaborazione del sa­
pere, respingendo ogni
ricostruzione
per farsi pura
costruzione
, assume
la veste del ‘discorso’ interiore, della ‘meditazione’ che il pensatore con­
duce ad occhi chiusi volteggiando nelle profondità abissali di un Io ir­
relato, o presunto tale60. Non è difficile intuire che qui si sta pensando
59
De ant.,
p. 58 («Quare Varrò in
Originibus,
Iulius Scaliger,
De caussis Latinae linguae,
Franciscus Sanctius in
Minerva,
ibidemque in notis Gaspar Scioppius praestiterunt, longo a
nostro distat incoepto. Ii enim ex philosophia, quam ipsi docti fuerant et excolebant, linguae
caussas eruere et systema comprehendere satagerunt; nos vero, nullius sectae addicti, ex ipsis
vocabulorum originibus quaenam antiquorum sapientia Italorum fuerit sumus indagatori»,
ibid.,
p. 59).
60 La contrapposizione fra le due diverse forme di sapere, quella di matrice cartesiana,
che si avvale della
costruzione
razionale bisognosa solo di «naturali talenti» sorretti da «po­
co studio», e l’altra d’impronta storica, che richiede la
ricostruzione
sostenuta da «molta e
varia erudizione», è netta e pungente in una lettera inviata diversi anni dopo - nei primi
giorni del 1726 - all’abate Giuseppe Luigi Esperti (cfr. G.
VICO,
Opere,
cit., voi. I, p. 324;
cfr. anche la lettera al padre gesuita Edouard De Vitry del 20 gennaio 1726,
ibid.,
pp. 327-
328).
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