RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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alla verità quanto i ragionamenti semplici che può fare naturalmente un
uomo di buon senso
(un homme de bon sens)
riguardo alle cose che gli
si presentano»65. L’unicità dell’‘ideatore’, ravvisato - lo si noti bene - nel
pressoché incolto
homme de bon sens,
provvisto del solo lume naturale,
è dunque per Cartesio garanzia di verità, di coerenza e di consistenza lo
gica. Quest’«uomo di buon senso», che il Vico del
De ratione
non esite
rebbe a stigmatizzare come colui che presume di essere «il solo» a pos
sedere la scienza, esiliato dall’autentica dimensione umana del sapere,
che è ri-costruzione educata al confronto intersoggettivo - indispensa
bile al conoscere nel suo farsi come nella conclusiva verifica dei suoi esi
ti - , non potrebbe che librarsi nel vuoto, ora credendo di raggiungere le
vette dove dimora la ‘divinità’ ora precipitando negli abissi dove regna
la ‘stoltizia’.
Ora, però, la nostra attenzione deve dirigersi sull’autore del
De anti
quissimei,
colto nelle vesti del ‘ricercatore’ che sa contaminare vicende
volmente, stringendole in un fecondo intrico sinergico, la profondità del
la teoresi ed il rigore dell’erudizione. Lo seguiremo mentre in quest’o
pera - nella quale «esplode» quanto «d i autonomo veniva maturando in
lui sul piano filosofico»66- ‘porta alla luce’ un vestigio dell’antica civiltà
italica; lo vedremo
ri-costruire
la dottrina del
verum-factum
attraverso un
laborioso scavo etimologico della lingua latina e cercheremo di capire
quale è la sua rilevanza per il nostro discorso.
«In latino - così Vico apre il primo capitolo, conducendo il lettore
immediatamente al cuore del problema -
verum
e
factum
hanno relazio
ne reciproca, [ ...] si convertono»67. Ciò significa che il «criterio della ve
rità [...] consiste nel nostro fare le cose che conosciamo come vere»68;
che «conoscere il vero è la stessa cosa che farlo»69. La rinvenuta conver
tibilità reciproca delle due voci latine, trasfigurata da Vico nella forma
di una rinnovata proposta filosofica, gli consente di tracciare lo spar
tiacque fra ciò che, trovando la propria origine nel
facere
del soggetto
stesso, può essere conosciuto e diventare oggetto di verità, e ciò che, per
la sua genesi estranea a quel medesimo
facere,
si rende assolutamente
inaccessibile al conoscere.
Per poter dare consistenza gnoseologica e metafisica alla pura costa
tazione etimologica della vicendevole traducibilità semantica, Vico deve
65
Ibid.,
pp. 108/109-110/111.
66 N.
BADALONI,
Sul vichiano diritto naturale delle genti,
introduzione a G.
Vico,
Opere
giuridiche,
a cura di P. Cristofolini, Firenze, 1974, p. XXIX.
67
Deant.,
p. 62 («Latinis ‘verum’ et ‘factum’ reciprocantur [...], convertuntuD>,
ibid.,
p. 63).
68
Ibid.,
p. 70 («veri criterium [...] vera quae cognoscimus, effecisse»,
ibid.,
pp. 69 e 71).
69
Ibid.,
p. 130 («verare et facere idem esse»,
ibid.,
p. 131).