RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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tamente all’uomo in generale come sua ragione sufficiente: anche però ai
singoli uomini che di volta in volta hanno
fatto
i contenuti di quel sapere.
Il
factum
della matematica non allude perciò unicamente all’attività del sog
getto quale condizione costitutiva di ogni possibile ente ideale aritmetico e
geometrico, ma anche a quanto è stato di volta in volta «effettivamente pro
dotto»84, alle questioni sollevate in precedenza ed alle soluzioni escogitate
nel passato; questioni e soluzioni che il matematico non può ignorare: in tal
senso nel concetto del
factum
non può non trovare ospitalità l’attenzione
per la storia della disciplina, per quanto è accaduto, per «quel che si è fat
to e si fa» nella comunità dei matematici e che si deve «rifare idealmente»85.
Certo quanto Vico osserva nella sesta orazione a proposito della matema
tica, dove si legge che questa - come la logica e la metafisica, seppur per ra
gioni diverse - «non ha le sue storie, perché non si serve di testimonian
ze»86, sembrerebbe smentire la possibilità di un riferimento al sapere arit-
mogeometrico accumulatosi nel passato. Tuttavia le cose non stanno in que
sti termini, dal momento che qui con «storia» Vico non vuole indicare il de
corso temporale della singola scienza, ma quell’approccio che, contrappo
sto entro l’ambito di un determinato sapere a quello correlativo di natura
teorica, ha il compito di ricercare ed attestare «gli aspetti particolari, cioè
le testimonianze (
species
,
sive exempla
)»87 delle singole discipline; si tratta
di uno sguardo diretto sull’«applicazione delle teorie ai particolari»88e fi
nalizzato a mettere in evidenza - come recita l’originale latino - gli «esem
plari» nei quali si dà a vedere specificato in concreto il concetto generale,
che da essi trae conferma ed arricchimento illuminandoli a sua volta89.
L’‘utilità’ della storia, in quanto storia della disciplina, qui solo presuppo
sta, sarà poi esplicitamente rivendicata diversi anni dopo, quando Vico si
soffermerà a sottolineare la centralità per la geometria del metodo sinteti-
ginato infinito, e voi mi potrete dire: ‘Fa’ del proposto teorema una dimostrazione’ - che tanto è
a dire quanto: ‘Fa’ vero ciò che tu vuoi conoscere’; ed io, in conoscere il vero che mi avete pro
posto, il farò, talché non mi resta in conto alcuno da dubbitame, perché io stesso l’ho fatto. Il cri
terio della ‘chiara e distinta percezione’ non mi assicura della cognizion scientifica, perché usato
nelle fisiche e nelle agibili cose, non mi dà una verità dell’istessa forza che mi dà nelle matemati
che. Il criterio del far ciò che si conosce ma ne dà la differenza; perché nelle matematiche cono
sco il vero col farlo: nelle fisiche e nelle altre va la cosa altrimenti»
(ivi).
84 O
tto
,
op. cit.,
p. 74.
85 B.
C
roce
,
Lafilosofia di Giambattista Vico,
cit., p. 14.
86
Or. VI
(18
ottobre
1707),
p.
201
(«historias non habet, quia exemplis non utitur», p.
200).
87
Ivi.
88 G. G
entile
,
Studi vichiani,
cit., p.
87.
89 «Che cosa sono - scrive Vico chiarendo il rapporto fra teoria e storia, intesa quest’ul-
tima nella particolare accezione che si è appena chiarita - gli studi specialistici delle malattie
e le annotazioni quotidiane sul loro decorso e le specialità farmaceutiche che sono state esco
gitate e che sono comunemente chiamate i rimedi specifici? non sono forse i commentari del-