RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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nitaria del sapere innato si realizza. Le nozioni infuse da Dio nella men­
te degli uomini costituiscono nel loro complesso un orizzonte di comu­
nanza possibile, il che significa che esse, fintantoché si resta sul piano
puramente mentale, sono
partecipabili i
n virtù della loro origine divina,
ma non sono
effettivamente partecipate.
La presenza di cognizioni in­
nate nelle menti di tutti gli uomini è il presupposto necessario affinché
si possa prendere coscienza del carattere unitario del sapere, ma non è
sufficiente a consentire il riconoscimento pieno di tale carattere, di cui
l ’uomo diviene consapevole solo attraverso la reciproca comunicazione
intellettuale con l ’altro uomo. L’unitarietà del sapere innato è una sco­
perta che si fa solo se nel vicendevole scambio intersoggettivo il sapere
stesso diventa un consapevole possesso comunitario103. Imprigionato
nella voragine della singolarità individuale non è, dunque, soltanto chi
si consegna totalmente ai bisogni e ai desideri del corpo, ma anche co­
lui che in solitudine volteggia nel cosmo chiuso della propria mente, fra
illusorie elevatezze che si rivelano vuote trasparenze quando prive del
confronto e del conforto dell’Altro. Che vi siano nozioni innate lo si ap­
prende vichianamente soltanto riscontrandole anche nell’Altro, diacro­
nicamente e sincronicamente inteso; solo accorgendosi, nel dialogo con
l’altro uomo, che esiste un circoscritto patrimonio razionale condiviso,
si può ricondurre questa sperimentata comunanza all’iniziativa di un
dio creatore che ha voluto trasmettere
ab origine
un sapere determina­
to alla propria creatura; ed è solo a partire dalla consapevolezza acqui­
sita
a posteriori
di tale comune possesso - non come in Cartesio dall’i­
dea di un ente infinito contenuta in una solitaria mente finita - che si
può dedurre l’esistenza di Dio e si comprende che le verità innate sono
eterne in quanto provengono da una fonte divina. E allora, se è vero che
l ’uomo non può riconoscere la natura unitaria del proprio sapere inna­
to, se questo - come si diceva prima - non assume una forma comuni­
taria, è vero anche che la scienza viene partecipata con la comunicazio­
ne scambievole realizzata attraverso il linguaggio, che per Vico è una
funzione squisitamente corporea. «L’uomo, che in mercé delle comuni
nozioni dell’eterna verità
può
cogli altri uomini comunicare - scrive Vi­
co condensando in poche e dense frasi quanto si è cercato di mettere in
103
Questo varrà anche per il diritto naturale, che, «introdotto privatamente nelle città»,
«deve essere stato pur quello che avvezzò e dispose i popoli perché, alle occasioni poi di co­
noscersi tra loro le nazioni, si ritrovassero avere un senso comune senza che altra sapesse nul­
la dell’altra, onde dassero e ricevessero leggi conformi a tutta la loro umana natura, e sopra
un cotal senso comune le riconoscessero leggi dettate dalla prowedenza, e quindi le riveris­
sero sulla giusta oppenione d’esser leggi dettate da Dio» (
Sn25
, § 22, p. 990; cfr. anche
ibid.,
§§ 56, 60,70-71, pp. 1013-1014,1016,1021).
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