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ROSARIO DIANA
Studj»117, con i progressi compiuti, gli scacchi subiti per il vanificarsi del
le motivazioni interne alla ricerca stessa o per l ’impatto con ostacoli ester
ni incontrati nel corso del suo svolgimento. Non solo: si chiedeva ai sog
getti interpellati di compiere un atto di dedizione alla verità: si racco
mandava, infatti, ad essi di rinunciare ad autopresentarsi come perso
naggi olimpici, inesorabilmente proiettati su di un luminoso cammino
scandito da continui avanzamenti e perciò ignaro di battute d’arresto ed
immune da errori o abbagli. A tutela dei futuri destinatari dell’impresa
editoriale, non si doveva cedere alla facile lusinga di ‘costruire’ la pro
pria storia scientifica secondo un modello astratto e predefinito che la
sciasse fuori - nascondendole forse anche a se stessi - quelle debolezze
e disattenzioni o quegli angosciosi erramenti che appartengono ad ogni
lavoro intellettuale che tale sia veramente; al contrario, si trattava di se
guirne con attenzione fenomenologica, se così si può dire, le tappe più
significative, esponendole nelle loro componenti e nel significato che es
se assumevano rispetto al prefigurato compimento finale del personale
percorso di studio ancora
in itinere
, non tacendo di eventuali fallimenti
o esitazioni. Detto in altri termini: l’autobiografia non doveva essere l ’e
sito di un processo di costruzione edificante
a priori,
ma risultare da uno
sforzo coscienzioso e congiunto di ricognizione storica e di illustrazione
teorica.
Per portare a buon fine l ’impresa, i «letterati» dovevano assumere un
atteggiamento di «eroica indifferenza», liberandosi «dalle catene dell’a-
mor proprio, e [...] da ogni privata passione», così da posporre «la pic-
ciola gloria di far illustri solamente se stessi [ ...] alla vera, e grande di
giovare a una intera Nazione»118. La pura e semplice ansia di mantene
re integra a tutti i costi la propria reputazione letteraria non doveva en
trare qui in collisione con quel principio di onestà intellettuale che ob
bliga ogni ricercatore al rispetto della verità e che solo può conservare al
«letterato» - quand’anche si fossero scoperti demeriti tali da privarlo di
questa qualifica - la dignità del «valentuomo»119.
Mettersi a nudo dal punto di vista scientifico era, in sostanza, la ri
chiesta che Porcìa formulava ai suoi interlocutori ed era anche la condi
zione necessaria affinché si potessero realizzare le finalità ultime della sua
meritoria iniziativa, che doveva appunto concludersi con la pubblicazio
ne di una raccolta di autobiografie intellettuali che nel loro insieme of
117 Lettera di Giovanartico di Porcìa a Vico del 14 dicembre 1727, in G.
Vico,
Epistole, con
aggiunte le epistole deisuoicorrispondenti,
ed. crit. a cura di M. Sanna, Napoli, 1993, p. 135.
118
Progetto,
p. 162.
119 Cfr.
ibid
., p. 163.