RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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sta interessante e, soprattutto, inconsueta, proprio perché fondata su di
una metodologia differente ed innovativa; un
«nuovo metodo»123
, un
«al­
tro metodo
più accertato e più efficace da profittare nel corso de’ suoi stu­
di la gioventù»126: la via da seguire - secondo il programma di Porcìa, con­
diviso dall’autore della
Vita
- era quella di formare alla ricerca e alla co­
struzione della scienza «sopra esempii»127. Questo modello corrisponde­
va
in generale
a quella concezione vichiana che si è cercato di esporre nel­
le pagine precedenti e che, contrariamente alla solitudine egologica in cui
Cartesio edificava la propria filosofia, non poteva non guardare al lavoro
intellettuale se non come ad una fatica quotidiana, progressiva seppur non
immune da erramenti o soste forzate, ma sempre condotta in una pro­
spettiva dialogica storicamente situata dalla quale è pura follia volersi trar­
re fuori. Nello specifico, il
Progetto
di Porcìa individuava uno degli stru­
menti attraverso cui era possibile il confronto fra uomini di cultura: l’u­
nico per l’esattezza che, non potendo trasmettere quelle conoscenze che
solo la forma del trattato o del saggio è in grado di veicolare con com­
piutezza e rigore, consentiva però ad uomini più anziani, autorevoli per
esperienza e produzione scientifica, di proporre ad altri uomini più gio­
vani, che dovevano prepararsi a subentrare al loro posto, modelli indivi­
duali di elaborazione del sapere, itinerari personali di studio a loro volta
maturati nell’incessante rapporto dialogico con altre individualità128. Che
la narrazione biografica o autobiografica fosse l ’unico mezzo efficace a
generare emulazione, Vico lo aveva già affermato nel
Proemio
alla bio­
grafia di Carafa. Qui si legge, infatti, che «se vi è una qualche parte della
storiografia la cui lettura possa più delle altre risultare di grande utilità,
questa è senza ombra di dubbio quella che restituisce ai posteri le vite di
uomini illustri. E infatti essa mette a disposizione il ritratto di uomini sin­
golari per valore, operosità e perizia, che
fin daiprimi anni di vita si sono
spinti verso altissime mete, divenendo per uomini di minore statura incita­
mento e via da seguire
; al contrario,
le versioni storiche ufficiali presenta­
no grandi condottieri di già provato valore e di smisurata autorità
, caratte­
ristiche che, per la gioventù alla cui formazione soprattutto deve badare
125 Lettera a Carlo di Borbone, cit., p. 175 (corsivi miei).
126 G. Vico,
Aggiuntafatta dal Vico alla sua autobiografia,
cit., p. 72 (corsivi miei).
127 Lettera a Carlo di Borbone, cit., p. 175.
128 In tal senso l’uso della terza persona singolare nella
Vita
vichiana contribuisce forse
proprio ad instaurare e conservare quel distanziamento reciproco in virtù del quale non solo
si rende impensabile ogni coinvolgimento patico del lettore nelle vicende personali dell’au­
tore, ma si conferisce anche una maggiore efficacia epidittica alla narrazione autobiografica
(su questo tema cfr. M.
COTTINO-JONES,
L'autobiografia’ vichiana: il rapporto vita-scrittura,
in
Vico e Venezia,
cit., p. 138).
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