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ROSARIO DIANA
ne
» 139. Si ripropone allora anche nel più circoscritto orizzonte della bio
grafia individuale la diade concettuale di storia ideale eterna e storie che
corrono in tempo, l’una e le altre distinte e tuttavia unite in un nesso di
reciproca appartenenza140; si potrebbe quasi sostituire il termine ‘storia’
con quello di ‘vita’ e trasporre così dal piano della storia universale a
quello più ristretto, ma non per questo privato o intimo, della autobio
grafia intellettuale l’intreccio inscindibile fra filosofia e filologia, fra ve
ro e certo: dunque ‘vita ideale eterna’, da un lato, come quel complesso
di strutture eternamente ricorrenti perché volute ed indotte nell’uomo
dalla divinità (verità innate, principi e fasi di svolgimento comuni a tut
te le vite individuali) e ‘vita che corre in tempo’, dall’altro, intesa quale
individuale ed individuata realizzazione storico-temporale141, esplicita-
zione in concreto, situata e diveniente, di quelle stesse strutture eterne
che sono fuori dal tempo non perché lo negano, ma perché lo ordina
no; esse sono, per dirla con una formula, intemporali per guardare alla
temporalità, non atemporali per rifiutarla142. «Storia ideale eterna» e ‘vi-
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Vita,
pp. 19-20 (corsivi miei).
140 Nelle intenzioni di Vico, scopo della
Scienza nuova
sarebbe appunto quello di «portare
ad un fiato e la filosofia e la storia de’ costumi umani [...] in guisa che la prima parte ne spieghi
una concatenata serie di ragioni, la seconda ne narri un perpetuo o sia non interrotto seguito di
fatti dell’umanità in conformità con esse ragioni»
(Sn25,
§ 90, p. 1032. Ma sulla storia ideale eter
na cfr. anche
Sn44,
§§ 31-32 e 349, pp. 438-439 e 552). Che la concezione vichiana della storia
non sia da considerarsi una
Geschichtsphilosophie
alla maniera di quella esposta nella
CivitasDei,
in quanto, a differenza che nell’opera di Agostino, la
Scienza nuova
nella storia «non riconosce
nessun disegno» provvidenziale, «nessun fine», è la tesi densa di implicazioni - perché liberatri
ce dell’individuo da una sua lettura
sub speciefinis
troppo riduttiva - enunciata nel 1943 da G.
CAPOGRASSI,
Lattualità di Vico
, in Id.,
Opere
, 6 voli., Milano, 1959, voi. IV, pp. 401,404-405. Su
questa intepretazione è ritornato di recente Fulvio Tessitore modulandola ed arricchendola nei
termini di una contrapposizione fra teleologia e teologia della storia risolta a favore di quest’ulti-
ma. «Vico - scrive Tessitore - capisce che la teleologia della storia inserisce l’uomo in un ordine
divino che tanto lo comprende (nel senso letterale di tenerlo dentro) da negarlo come individuo
umano, mentre al contrario la teologia della storia, in quanto confronto tra ordine di Dio e ordi
ne dell’uomo, lascia a questo la condizione antropologica di libero rispetto a Dio che lo guarda
ma non lo condiziona, lo giudica ma non lo opprime perché nel giudicarlo non ne annulla ma ne
esalta la responsabilità dell’azione, che è quanto lo fa meritevole o demeritevole della grazia» (F.
T
essitore
,
Senso comune, teologia della storia e storicismo in Giambattista Vico,
in Id.,
Nuovicon
tributialla storia e alla teoria dello storicismo
, cit., pp. 31-32).
141 Su questo punto specifico cfr. le osservazioni contenute in E.
PACI,
Ingens sylva,
Mi
lano, 1994 (voi. V delle
Opere di Enzo Paci),
pp. 6-7.
142 Sulla
Vita
vichiana interpretata come «estensione della
Scienza nuova
alla biografia
dell’autore» aveva già richiamato l’attenzione Benedetto Croce
(La filosofia di Giambattista
Vico,
cit., pp. 275-276, la citazione è a p. 276). Di recente questa continuità è stata sottolineata
da G.
PATELLA,
Tempo e racconto nell’‘Autobiografia’ di Giambattista Vico,
in
Passione dell’o
riginario. Fenomenologia ed ermeneutica dell’esperienza religiosa. Studi in onore di Armando
Rigobello
, a cura di E. Baccarini, Roma, 2000, pp. 140 sgg.