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GIUSEPPE CACCIATORE
me uno dei luoghi aurei della filosofia contemporanea - il passaggio dal­
la «filosofia del concetto» alla «filosofia del concreto» - è confermata dai
momenti più significativi della riflessione vichiana: la critica della meta­
fisica tradizionale come ontologia di essenze, la ricerca continua della re­
lazione tra idealità del vero e realtà del fatto, la centralità dell’esperien­
za linguistica che si deposita nella realtà processuale della genesi delle
comunità e degli istituti politici e giuridici, il concetto di sapienza poe­
tica come strumento conoscitivo e ricostruttivo delle età favolose dell’u­
manità e, al tempo stesso, come dispositivo logico ed ermeneutico ade­
guato alla comprensione del verosimile e del molteplice sensibile21. Di­
venta così del tutto comprensibile che in una autonoma riflessione teo­
rica, quale è quella di Piovani, avente al centro il problema della ricon­
figurazione filosofica dell’idea di individualità al cospetto della rivolu­
zione logica, conoscitiva ed etica indotta dall’idea moderna di storicità,
Vico dovesse assumere un posto di prima linea. Era innanzitutto in Vi­
co (oltre che in Kant e nei principali autori del
Historismus,
Humboldt
e Dilthey) che si potevano individuare i tratti genetici di quella ragione
storica individualizzante, sempre più in rotta di collisione con gli esiti
dello storicismo assoluto hegeliano e della sua riformulazione crociana.
È in questa chiave che devono, a mio avviso, essere letti e interpretati i
due saggi che, almeno da un punto di vista filosofico, costituiscono il ful­
cro dell’interpretazione piovaniana di Vico nella chiave dello storicismo
critico-problematico:
Vico e lafilosofia sema natura
e
Vico senza Hegel22.
Vico si fa testimone indubitabile di una filosofia che ha al suo centro la
genesi e la costruzione del mondo umano, in una costellazione di pen­
satori (da Agostino a Montaigne e Pascal) che programmaticamente
guardano all’esperienza dell’umano in una prospettiva che non è sem­
plicisticamente da ritenersi come antinaturalistica (o addirittura anti­
scientifica, come qualcuno ha riduttivamente inteso), ma consapevol­
mente rivolta a ricercare una «soluzione che non vuole più essere, in nes­
sun senso, né
fisica
meta-fisica
perché diventa
a-fisica»2ì.
La prospet­
tiva entro la quale veniva collocata la riflessione teorica inaugurata da Vi­
co contribuisce a fare del suo storicismo non dunque una stanca ripro­
posizione di moduli retorici insistenti sull’astratta contrapposizione tra
tradizione umanistico-letteraria e rivoluzione scientifica moderna, ma
21 Sono i punti che in efficace sintesi Piovani individua nel suo saggio
II Centro di Studi
Vichiani,
in questo «Bollettino» I (1971), pp. 7 sgg.
22
Ambedue i saggi possono ora essere letti in
P. PIOVANI,
Lafilosofia nuova di Vico,
a cu­
ra di F. Tessitore, Napoli, 1990, rispettivamente pp. 55-89 e pp. 173-208.
2i Ibid.,
p. 68.
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