RAGIONE NARRATIVA ED ELABORAZIONE DIALOGICA DEL SAPERE
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confessare pubblicamente i falli suoi specialmente in cose d’ingegno e di
lettere, contro i quali falli come criminalmente dalle leggi non si proce
de, così più che tanto pregiudiziali all’umana società, e felicità non si cre
dono da chi li commette. Ma non pertanto ell’è pure una solenne em
pietà, e un superbo volere, ch’altri errino col mio esempio, purché io non
soggiaccia al rossore d’essere riconvenuto d ’aver errato. Ell’è una specie
di seducimento inciampare, e cadere, e ’l luogo del pericolo non additar
a chi siegue, e ’l tirar compagni nel precipizio, se pur conforto vuol dir
si, egli è un crudele conforto. Ciò detto sia per far coraggio a’ Letterati
nostri, ond’essi generosamente nell’esporre la storia de’ loro studj fac
ciano a vantaggio universale palesi i proprj abbagliamenti, pur troppo
perdonabili, perché da questi è difficile, che difendasi la mente nostra
finché è vestita di carne, vale a dire finché ell’è oppressa dalle passioni,
ed è dai sensi ingannata. Ma se malagevole si è che se ne difenda, molto
più malagevole egli è, che li confessi. Ragionevole certamente sembra una
cotal ritrosia, quando debbansi far palesi que’ nostri difetti, che annera
no il nostro costume, ma non è altresì cosa di leggieri tanto escusabile
come del costume il velare, e ’l difendere gli errori dell’intelletto. Ponno
questi farmi men letterato, ma non men valentuomo, e il carattere del va
lentuomo può rendermi non inutile all’umana società, ma non così per
aventura, o in maniera certo meno asservabile il carattere di Letterato.
E pure con tanto vigore non si combatte in difesa del nostro costume,
quanto si battaglia per la riputazione del nostro ingegno. Ma comunque
la cosa sia preghiamo di nuovo i Letterati nostri ad armarsi nel descri
vere la storia di se stessi d’una generosa neutralità, e a trattare le cose lo
ro siccome la varia costituzione delle cose stesse lo richiederà, vestiti ora
del carattere di giudici, ora di censori, ed ora d’apologisti.
Ma sovente adiviene nel fatto delle cose nostre, che non tanto ingan
niamo, o tentiam d’ingannare altrui, quanto noi stessi siam ingannati ora
da’ nostri pregiudizi, ed ora anche dal nostro corto intendimento. Così
averrà pure, che nelle
Notizie
de’ nostri Letterati alcuno d’essi inciampi,
e in simil caso chi avrà da avertire del costui errore i Leggitori, perché
quest’Opera, che indiritta si è tutta al loro profitto, d’antidoto non si fac
cia veleno? Avendo noi anche a ciò posto mente siam d’aviso di far sus-
seguitare all’Opera stessa una giunta col titolo di Supplemento, col mez
zo della quale i Letterati o da se stessi, se così loro tornerà in grado o al
tri Dotti in loro vece ricercati da noi perciò di consiglio, noteranno gli
abbagliamenti devianti dal buon gusto universale, li quali avranli tratti
in errore, e avranli abbacinati nel render conto de’ loro studj, sentenze,
e maestri seguendo, che approvati non sono dal consenso delle scuole
migliori, e de’ secoli più sensati. Questo sarà il compimento dell’Opera,