LA «SUA TALE E NON ALTRA RIUSCITA DI LITTERATO»
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ma anche, quel che è più degno di nota, dell’animale. In ognuno di que
sti casi (che abbracciano l ’intero regno della natura nei suoi diversi ‘gra
di di evoluzione’) si resta nell’ambito di un livello per così dire ‘mecca
nicistico’, testimoniato dal riferimento al concetto di moto sensibile. La
volontà dell’uomo è invece senz’altro partecipe, «mercé dell’anima» e in
una tensione mai pienamente risolta, dello «sforzo dell’universo»: il
co
natus
cagionato dalla «mente di Dio [...] che agita e muove il tutto».
Nel
De antiquissima
, Vico opera il medesimo movimento concettuale,
articolandolo questa volta più chiaramente con la struttura
fisica
e
metafi
sica
dello spirito umano:
ì’aèr,
origine della vita quando circola nel cuore
e nelle arterie (anima), è pure il veicolo della sensibilità distillandosi nei fi
lamenti nervosi (animo); il movimento circompulsivo dell’aria, parte di tut
te le cose, viene perciò a costituire anche la componente
fisiologica
essen
ziale dell
'animus™.
Nel volgere di poche righe, però, il piano della rifles
sione strettamente ‘fisico-anatomica’ è di nuovo oltrepassato nella dire
zione di una diversa concezione del rapporto fra anima ed animo:
Quando i latini parlavano dell’immortalità, la riferivano agli
animi
, non
alle
anime.
E l’origine di questa locuzione potrebbe essere che i suoi autori
si erano accorti che i movimenti dell’animo sono liberi e dipendono dal no
stro arbitrio, mentre quelli dell’anima non possono generarsi senza il mec
canismo del corpo, che si corrompe; e poiché si muove liberamente, l’ani
mo desidera l’infinito, quindi l’immortalità
(et, quia libere animus movetur,
infinitum desiderat, acproinde immortalitatem
)11.
L’animo, dunque,
pur legato alla corporeità della materia
, è anche il
principio di una libertà che ci differenzia dagli altri esseri viventi12. Es-
10 «Ma bisogna osservare», afferma Vico esponendo la propria teoria della tripartizione del
lo spirito in
anima, animus
e
mens
in relazione con la meccanica del movimento dei corpi, «che
i latini chiamavano
anima
anche l’aria, che è il più mobile di tutti i corpi; e noi abbiamo già mo
strato che l’aria è la sola cosa che si muove di un moto comune a tutte e che poi, con l’aiuto di
meccanismi particolari, diventa il movimento proprio di ciascuna cosa. Da qui si può congettu
rare che gli antichi filosofi d’Italia abbiano definito anche l’anima e l’animo col movimento del
l’aria
(Hinc igitur coniicere datur antiquos Italiaephilosophos aèris motu animum et animam defi
nivisse).
[...] questo movimento maschio e forte dell’aria attraverso i nervi lo dissero
animo-,
quel
lo effeminato e subordinato, per così dire, nel sangue lo dissero
anima» (Deant.,
pp. 226-227).
11
Ibid.,
p. 227.
12 «È [...] necessario», afferma Vico nel cap. V, § 2 del
De antiquissima
su
Uanima dei bruti,
«che gli antichi filosofi d’Italia credessero che i bruti fossero immobili, perché sono mossi soltan
to da circostanze o da oggetti presenti, come per un meccanismo, mentre gli uomini hanno un
principio interno di movimento, cioè l’animo, che si può muovere liberamente»
(ivi).
Nicola Pe
ndio, analizzando il problema del rapporto fra uomo ed animale nella filosofia vichiana, ha così
riassunto il significato dello scarto qualitativo posto da Vico fra
anima
e
animus
: «Il principio del
movimento risiede al di fuori della fisica; siccome è
metafisico,
coloro che sono privi di ragione non