LA «SUA TALE E NON ALTRA RIUSCITA DI LITTERATO»
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zione alcuna, che non ci venga da Dio. Che poi ciò si faccia per via de’ sen
si, come volle Aristotile ed Epicuro; o che l’imparare non sia altro che ri
cordarsi, come piacque falsamente a Socrate od a Platone; o che l’idee in noi
sieno innate o congenerate, comemedita Renato; o che Iddio tuttavia le crei,
come la discorre Malebrance,
nel quale volentieri inclinerei
: lo lascio irreso
luto, perché non volli trattare in quel libricciuolo cose di altrui27.
Respinta la «via de’ sensi» seguita da Aristotele e da Epicuro; rifiutati
tanto l’innatismo di «Renato» quanto la teoria platonica28,Vico, con un bre
ve accenno che pure lascia in sospeso, riporta la spiegazione del modo del
l’azione divina nell’uomo al confronto con Malebranche o con quello che
a lui pareva essere il vero nucleo del malebranchismo. Tale confronto si svol
ge, nell’impianto del
De antiquissima,
in quel medesimo capitolo che trat
ta del concetto di
mens
e che, dopo aver chiarito come «la ‘libido’ o facoltà
di desiderare [...] [rappresenti] ‘per ciascuno il suo proprio Dio’», intro
duce la teoria secondo cui le idee sono create da Dio stesso nell’animo de
gli uomini: «se l’acutissimo Malebranche crede che questo sia vero [ossia
che le idee siano create e suscitate da Dio negli animi degli uomini]» argo
menta infatti Vico nel secondo capoverso di tale capitolo,
mi sorprende che egli ammetta quella prima verità di Renato Cartesio
‘Penso, dunque sono’: quando invece, essendo Dio a creare in me le idee,
avrebbe dovuto piuttosto dire: ‘Qualcosa pensa inme, dunque è; ma nel pen
siero non riconosco alcuna idea di corpo; dunque ciò che pensa in me è la
purissima mente, cioè Dio’29.
Fin qui il ragionamento vichiano resta nell’ambito di quanto impo
stato nei primi paragrafi con la critica al
cogito
cartesiano: quest’ultimo,
non consente di dedurre, insieme con la
coscienza
della
res cogitans
, quel
carattere
anche
terreno della natura dell’uomo30 che la teoria della
mens
27 Risp. Il, p. 786, corsivi miei.
28 Nella prima Orazione, al contrario, Vico aveva esplicitamente affermato, in un conte
sto nel quale non si era per altro chiarita quella critica al cartesianesimo che qui permette di
respingere T'alternativa innatista’: «Risvegliamo quelle conoscenze di tante e così grandi ve
rità innate e, per così dire, suggellate in noi da Dio, prima verità, e che sono chiuse nel nostro
animo come scintille sepolte» (corsivi miei).
29 De ant., pp. 230-231.
30 Ibid., p. 203: «lo scettico negherà di ricevere la scienza dell’essere dalla coscienza di
pensare. Giacché egli afferma che il sapere consiste nel conoscere le cause dalle quali una co
sa nasce: ma io che penso sono mente e corpo; e, se il pensiero fosse causa del mio essere, sa
rebbe causa anche del mio corpo. Ma ci sono corpi che non pensano. Anzi, io penso proprio
perché sono formato di corpo e di mente, sicché il corpo e la mente uniti sono causa del pen
siero».