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RAFFAELE RUGGIERO
tesiano9, e la diversa tenuta retorica e conoscitiva nella scrittura del ‘disce­
polo’ de Angelis, dal cui orizzonte restano esclusi «prospettive o progetti di
immanenza»10. La
Narrazione dell’autore intorno a’ suoi studj
fu sollecitata
al de Angelis nel 1754 dal teologo Ignazio della Croce e pubblicata una pri­
ma volta due anni più tardi, quindi rivista nelle successive edizioni del 1763
e 1781; in seguito estromessa dal
corpus
oratorio dell’autore e ristampata -
col mutato titolo dal sapore vichiano e giannoniano di
Vita di Gherardo de
Angelis da lui stesso descritta -
in una miscellanea di prose biografiche11.
Vico indirizzò al de Angelis nel 1725 una lettera
Sopra l’indole della
vera poesia
, la cui stesura coincide con la prima parte della
Vita scritta da
se medesimo
ed è di soli tre mesi anteriore la prima edizione della
Scien­
za nuova.
Nella lettera il filosofo riassumeva alcuni «principj della poe­
sia al lume della Scienza nuova» ed approvava la scelta dell’autore che
ha disprezzato «tutto ciò che suol ammirar ’l volgo», ponendosi obbiet­
tivi più elevati. De Angelis impiegherà l’epistola come introduzione al­
l’edizione 1730 delle sue
Rime,
fra le quali spiccavano quattro sonetti in
lode del Vico; il filosofo fu inoltre revisore ufficiale per la stampa delle
Rime
insieme con il canonico Gennaro Maiello; ai componimenti lau­
dativi del de Angelis, Vico rispose, infine, con i sonetti
Garzon sublime,
epien d’animo grande
e
Quell’ardente desio alto immortale12.
Nato a Eboli dalla nobile famiglia dei marchesi di Trentinara, il de An­
gelis si formò a Napoli presso quello stesso collegio gesuitico la cui peda­
gogia emulativa Vico descrive nella propria
Vita
13. Ma il giovane de An­
gelis mostrò subito inclinazioni poetiche che gli valsero l’accesso in Arca­
dia. Sono questi gli anni delle disordinate letture: di Platone, di Cartesio,
di Malebranche14, delle vite dei Santi Padri e dei classici della poesia lati­
9
Dalla bibliografia sul tema della (auto)biografia settecentesca, con riferimento all’e­
sperienza vichiana, mi limito a richiamare di A.
BATTISTINI,
Il traslato autobiografico, in Id.,
Le degnità della retorica. Studi su G.B. Vico, Pisa, 1975, pp. 15-50; I simulacri di Narciso, in
Id., Lo specchio di Dedalo. Autobiografia e biografia, Bologna, 1990, pp. 21-79; I topoi auto-
biografici della Vita di Vico, in Id., La sapienza retorica di Giambattista Vico, Milano, 1995, pp.
38-62; e, per un quadro generale, dello stesso autore L’io e la memoria, nel Manuale di lette­
ratura italiana. Storiaper generi eproblemi, a cura di F. Brioschi e C. Di Girolamo, Torino, voi.
II, Dal Cinquecento al Settecento, 1994, pp. 464-472.
10 M . M
ontanile
,
Introduzione a
D
egli
A
ngio li
,
op. cit., p. 24.
11 Cfr. ibid., pp. 17 e 61-66.
12 Cfr. ibid, pp. 9-11.
13 Sulla pedagogia gesuitica si veda A.
BATTISTINI,
Galileo e i Gesuiti. Miti letterari e re­
torica della scienza, Milano, 2000, pp. 185-238 e, brevemente,
R. RUGGIERO,
La ‘volgar tradi­
zione’. Prove di critica testuale in Giambattista Vico, Lecce, 2001, pp. 109-110.
14 Si vedano i lavori di A.
STILE,
«La corpulenza del PadreMalebranche», in questo «Bol­
lettino» XXX (2000), pp. 51-60; e La razionalità imperfetta. Recenti studi intorno a Male-
branche, in questo «Bollettino» XXXI-XXXII (2001-2002), pp. 115-130.
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