ALLIEVI MERIDIANI DI VICO?
189
na e della prosa greca, ed infine la scoperta di Giannone; sono gli anni in
cui Paolo Segneri si impone al futuro predicatore come modello «inarri­
vabile» di stile. Osserva la curatrice che a questo punto il felice incontro
con Vico aiutò lo studente «a dare ordine alle sue disparate letture»15.
Si tratta di un passaggio culturalmente nodale: com’è noto, Giam­
battista Vico, a partire dall’Ottocento, verrà accusato, per la confusa va­
rietà dei suoi interessi, di un temperamento «vesuviano» (così Cesarot­
ti, come ha recentemente ricordato Andrea Battistini)16 e proprio lui -
che per tutta la vita aveva perseguito il progetto di una innovativa
ratio
studiorum -
appare già ai contemporanei continuamente avvolto dalle
piegature di una involuta e irrisolta prosa barocca. Eppure Vico, nel­
l ’ambiente napoletano e nel giudizio, come abbiamo visto, di un de An­
gelis, risulta costituire il momento di sintesi razionale all’interno di un
vasto orizzonte problematico; e addirittura appare affiancato, all’inter­
no di un percorso formativo, all’avversario Pietro Giannone. Sebbene il
giudizio di de Angelis su Giannone mostra di privilegiare la dottrina del­
la sua
Storia
piuttosto che lo stile, non si potrà dimenticare che Arnaldo
Momigliano avrebbe invece guardato a questi due autori come costi­
tuenti poli oppositivi, l ’uno (Giannone) autore di «una
Storia civile
in­
teramente intelleggibile al resto d ’Europa», l ’altro (Vico) autore di una
«Scienza nuova
del tutto incomprensibile al resto d’Europa»17.
Altresì la prosa di de Angelis, sia quella autobiografica della
Narra­
zione
sia quella delle predicazioni, appare contrassegnata da «una lingua
turgida, spesso faticosa, certamente non accattivante, molto lontana dal­
la razionalità settecentesca»18. E altrettanto lontana appare la scrittura
di de Angelis dall’elegante sobrietà della prosa autobiografica vichiana,
una prosa assai più illuminata e illuministica anche rispetto a molte pa­
gine della
Scienza nuova.
In questo forse si può cogliere non solo la per­
sistenza di modelli barocchi, ma anche l ’esigenza di manifestare, anche
attraverso i nodi non sciolti di una scrittura assai concentrata, i processi
di pensiero caratteristici della modernità nel loro lento e contradditto­
rio maturarsi.
15 M
ontanile
,
op. cit.,
p. 13.
16 Su Cesarotti e Vico è intervenuto di recente A.
BATTISTINI,
Le idee di un cervello «al­
quanto vesuviano». Melchiorre Cesarotti interprete di Vico, in occasione di un seminario svol­
tosi presso la Fondazione Cini il 22 e 23 novembre 2002, ora in questo «Bollettino» XXXIII
(2003), pp. 133-157.
17 Così Arnaldo Momigliano concludeva una conferenza in lingua inglese sulla fortuna di
Mabillon in Italia, contenuta nel Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an­
tico, Roma, 1966, tomo I, p. 152.
18 M
ontanile
,
op. cit.,
p. 25.
1...,179,180,181,182,183,184,185,186,187,188 190,191,192,193,194,195,196,197,198,199,...402