ALLIEVI MERIDIANI DI VICO?
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na e della prosa greca, ed infine la scoperta di Giannone; sono gli anni in
cui Paolo Segneri si impone al futuro predicatore come modello «inarri
vabile» di stile. Osserva la curatrice che a questo punto il felice incontro
con Vico aiutò lo studente «a dare ordine alle sue disparate letture»15.
Si tratta di un passaggio culturalmente nodale: com’è noto, Giam
battista Vico, a partire dall’Ottocento, verrà accusato, per la confusa va
rietà dei suoi interessi, di un temperamento «vesuviano» (così Cesarot
ti, come ha recentemente ricordato Andrea Battistini)16 e proprio lui -
che per tutta la vita aveva perseguito il progetto di una innovativa
ratio
studiorum -
appare già ai contemporanei continuamente avvolto dalle
piegature di una involuta e irrisolta prosa barocca. Eppure Vico, nel
l ’ambiente napoletano e nel giudizio, come abbiamo visto, di un de An
gelis, risulta costituire il momento di sintesi razionale all’interno di un
vasto orizzonte problematico; e addirittura appare affiancato, all’inter
no di un percorso formativo, all’avversario Pietro Giannone. Sebbene il
giudizio di de Angelis su Giannone mostra di privilegiare la dottrina del
la sua
Storia
piuttosto che lo stile, non si potrà dimenticare che Arnaldo
Momigliano avrebbe invece guardato a questi due autori come costi
tuenti poli oppositivi, l ’uno (Giannone) autore di «una
Storia civile
in
teramente intelleggibile al resto d ’Europa», l ’altro (Vico) autore di una
«Scienza nuova
del tutto incomprensibile al resto d’Europa»17.
Altresì la prosa di de Angelis, sia quella autobiografica della
Narra
zione
sia quella delle predicazioni, appare contrassegnata da «una lingua
turgida, spesso faticosa, certamente non accattivante, molto lontana dal
la razionalità settecentesca»18. E altrettanto lontana appare la scrittura
di de Angelis dall’elegante sobrietà della prosa autobiografica vichiana,
una prosa assai più illuminata e illuministica anche rispetto a molte pa
gine della
Scienza nuova.
In questo forse si può cogliere non solo la per
sistenza di modelli barocchi, ma anche l ’esigenza di manifestare, anche
attraverso i nodi non sciolti di una scrittura assai concentrata, i processi
di pensiero caratteristici della modernità nel loro lento e contradditto
rio maturarsi.
15 M
ontanile
,
op. cit.,
p. 13.
16 Su Cesarotti e Vico è intervenuto di recente A.
BATTISTINI,
Le idee di un cervello «al
quanto vesuviano». Melchiorre Cesarotti interprete di Vico, in occasione di un seminario svol
tosi presso la Fondazione Cini il 22 e 23 novembre 2002, ora in questo «Bollettino» XXXIII
(2003), pp. 133-157.
17 Così Arnaldo Momigliano concludeva una conferenza in lingua inglese sulla fortuna di
Mabillon in Italia, contenuta nel Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an
tico, Roma, 1966, tomo I, p. 152.
18 M
ontanile
,
op. cit.,
p. 25.