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RAFFAELE RUGGIERO
za naturale» (tomo III del 1779). I singoli e specifici aspetti del dibatti­
to sono numerosi e presentano spesso il fascino dell’erudizione impre­
vista: dal nome di Omero alle varie paraetimologie chiamate in causa (se­
condo un attitudine vichiana, e censurate dal Galiani), alla questione del­
l’origine orientale dei popoli italici, ai fossili; si tratta di un dibattito de­
stinato a proseguire nel carteggio Minervini-Villoioson e fino al
Platone
di Vincenzo Cuoco. Giova invece rilevare subito che proprio dalle anti­
tetiche posizioni di Galiani e Fortis emerge il cambiamento in atto nella
mentalità scientifica ed il nascente specialismo che segna il passaggio dal­
la cultura illuministica a quella ottocentesca. Il moderno fascinatore Ga­
liani ha buon gioco nel dimostrare argutamente gli eccessi del Minervi­
ni, mentre la difesa d’ufficio di Fortis non può che proporsi di rendere
giustizia al molfettese «quantunque non vi siano sposate le opinioni del
Minervino à però resa giustizia al suo sapere, e fatto menzione d ’alcuni
tratti che gli fanno onore»41. Si tratta esattamente della stima che il ver­
satile geologo Fortis attesta ad un intellettuale ancora capace di coniu­
gare le «due culture», pur con qualche vichiano ondeggiamento. Del re­
sto Minervini andò ben oltre l ’affermazione dell’origine italica dei poe­
mi omerici e partecipò a quel fervore di studi comparativistici dedicati
all’Oriente ed alla storia dei culti misterici che vide fra gli episodi più ri­
levanti la pubblicazione dello
Zend-Avesta
nel 1771 da parte di Anque-
til-Duperron (testo più volte ricordato da Minervini)42.
Sul versante delle scienze naturali spicca il nome di Francesco Mario
Pagano, il quale, nella
Lettera
apologetica
dà Saggipolitici,
stesa fra il 1785
ed il 1786, non mancava di rilevare che « l’analisi fisica della terra» era «pro­
vincia al Vico intatta». Pagano avanzava, infatti, nell’analisi del panorama
meridionale confrontato con la lettura degli antichi miti e cercava di scri­
vere congiuntamente la storia dell’uomo e quella della terra. Le leggende
avrebbero recato una traccia degli antichi sconvolgimenti geomorfologici:
«Quante reliquie di così fatti terribili sconvolgimenti della natura! [...]
Queste belle campagne d’Italia, che rendono sì leggiadri e vaghi bei colli,
aprici piani e dolci fertili balze, è tutta nuova terra. Chi crederebbe che da
sì funeste cagioni sieno stati prodotti sì begli effetti?»43.
Da queste belle favole antiche non è lontana un lettura politica. Ba­
sta ripercorrere - come ha fatto Annalisa Andreoni - la sedimentazione
41 Cfr.
A
ndreoni
,
op. cit., p. 122; 124.
42 L’intero panorama europeo di questi studi riemerge ora grazie alla raccolta e sistema­
tica pubblicazione dei documenti che va conducendo Stefania Montecalvo, la quale da ulti­
mo ha edito criticamente le sconosciute ‘Observations sur les ruines de Persepolis’ del barone
de Sainte-Croix, in «Quaderni di storia» XXX (2004) 59, pp. 5-57.
43 Cfr.
A
ndreoni
,
op. cit., pp. 181-182.
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