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MARCO VANZULLI
sò non può però esimersi dal distinguere Grozio dalla scolastica, per il
fatto che nel suo razionalismo è escluso qualsivoglia intervento divino, a
sostegno o a modifica del diritto naturale2. Certo, la distinzione, che poi
passerà nel pensiero medievale, tra
jus naturale, jus gentium
e
jus civile
è
opera dei giuristi romani, e per Vico era una materia di riflessione con
cui aveva grande familiarità3. Nel
De uno,
dunque, quella di Grozio è
una presenza rilevante, come si può ravvisare a un primo sguardo dalla
convergenza su alcuni temi: il
verum
definito
ratione dictatum
4; la con­
trapposizione di
diritto naturale
e
diritto civile-,
il motivo della naturalità
della società (in Grozio 1’
appetitus societatis,
la ricerca della vita sociale
prò sui intellectus modo5)-,
i precetti del diritto naturale; poi la polemica
contro l’utile, cioè contro la riduzione della giustizia a mera utilità, che
in Grozio si rivolge, o meglio assume come simbolo, Cameade di Cire­
ne, rappresentante, nel II sec. a.C., dell’Accademia platonica, in cui si
era affermato già con Arcesilao un orientamento scettico6. Cameade co­
me negatore della giustizia è simbolo peraltro mantenuto da Vico7. Gro­
zio sostiene che l ’utile non rende conto pienamente neanche del com-
2 «Per lui la legge naturale (o meglio il diritto naturale, giacché egli lo chiama sempre co­
sì, ‘ius naturale’) non deriva affatto da una lex aeterna, per mezzo della quale Dio abbia idea­
to, abbia creato e governi ogni cosa; questo lo affermavano gli Scolastici, seguendo San Tom­
maso, per il quale la lex aeterna è la ragione del governo di tutte le cose in Dio in quanto reg­
gitore dell’universo, e la lex naturalis è la parte di tale legge eterna presente nell’uomo in quan­
to creatura razionale. Per Grozio, com’è fin troppo noto, il diritto naturale è dettato dalla ra­
gione dell’uomo indipendentemente da ogni riferimento a Dio, e comunque senza nessuna
relazione con una legge anteriore o superiore da cui esso derivi. L’idea di una ‘lex naturalis
inserta in animis hominum’ che ‘derivatur’ da una ‘lex aeterna primaque’ con la quale Dio go­
verni l’universo è caratteristicamente scolastica, non groziana. Meno che mai è groziana l’idea
che il diritto naturale possa essere violato da Dio, sia pure ‘ut Dominus’ e non ‘ut legislator’.
Questa è una tesi tipica degli occamisti, per i quali Dio può derogare al diritto naturale ed al­
la ragione stessa de potentia absoluta (come Signore), anche se non de potentia ordinata (co­
me legislatore): lo aveva insegnato l’Occam stesso, ed è quanto di più lontano si può pensare
dalla posizione di Grozio, per il quale ‘est autem ius naturale adeo immutabile ut ne a Deo
quidemmutari queat’ proprio perché ‘quanquam enim immensa est Dei potentia, dici tamen
quaedampossunt, ad quae se illa non extendit’: affermazione chiaramente rivolta contro il vo­
lontarismo occamistico reviviscente nel calvinismo ed in particolare nel gomarismo» (ibid.,
pp. 24-25).
3 Su tale distinzione in Gaius, giurista del II secolo d.C., e sulla sua influenza su Vico, cfr.
D. R.
K
elley
,
Vico and gaianism: perspectives on a paradigm, in Vico: Past and Present, ed. by
G. Tagliacozzo, Atlantic Highlands (N. J.), 1981, voi. I, pp. 66-72.
4
G .
FassÒ, Vico e Grozio, cit., pp. 81-82. Cfr.
GROZIO,
De iure belli ac pacis, I, I, X, 1 e
G .
Vico, De uno universi iurisprincipio etfine uno, in
G .
Vico, Operegiuridiche. Il Diritto uni­
versale, a cura di P. Cristofolini, Firenze, 1974 (d’ora in poi abbreviato con De uno), p. 101.
5
G
rozio
,
Dejure belli acpacis, «Prolegomeni», § 6.
6 Ibid., § 5.
7 De uno, pp. 31 e 355.
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