INTERPRETAZIONI STORICISTICHE DELLA
SCIENZA NUOVA
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e precostituito della storia delle nazioni - che si può collocare la genesi
di una concezione storicistica che va molto al di là delle pur rilevanti di
mensioni metodologiche e gnoseologiche della scienza storica. Ciò che
fermenta nella pagina vichiana è tutto un complesso di temi che conver
gono verso i nuclei fondativi di una concezione non assoluta e non li
neare della storicità, al cui centro si colloca il senso e l’esperienza del
l’individualità singolare (anche quando essa si dispone in un mai occul
tabile processo di genesi e costituzione di istituti sociali e politici). Si può,
allora, interpretare sotto questa luce - come io propongo - quella para
dossale frase con la quale, certo non a caso, Vico inaugura la serie delle
Degnità: «L’uomo, per l’indiffinita natura della mente umana, ove que
sta si rovesci nell’ignoranza, egli fa sé regola dell’universo»33. Dove non
vi è solo un evidente elogio dell’indefinito e del relativo, ma anche della
capacità creativa e produttiva della mente, testimoniata appunto dallo
straordinario potere della fantasia degli individui di fare e trasformare le
cose. Gli esempi narrativi, spiega Vico, non servono soltanto alla storio
grafia e alla filologia, non servono, cioè, soltanto a gettar luce nell’oscu
rità in cui è avvolta l’umanità primitiva, essi finiscono col confermare una
tesi di assoluto valore flosofico che sposta, oseremmo dire prima di Kant,
il centro del mondo dalla cosa al soggetto, dall’onticità dell’essere alla
storicità dell’individuo conoscente ed agente. Ma se l’uomo ha fatto di
se stesso un «intiero mondo», questo è potuto avvenire proprio quando
ha messo e continua a mettere in campo le sue facoltà immaginative e
fantastiche:
Perché come la metafisica ragionata insegna che
‘homo intelligendo fit
omnia’,
così questa metafisica fantasticata dimostra che
‘homo non intelli
gendo fit omnia
'; e forse con più di verità detto questo che quello, perché
l’uomo con l’intendere spiega la sua mente e comprende esse cose, ma col
non intendere egli di sé fa esse cose e, col transformandovisi, lo diventa34.
Per questi motivi, a me sembra che possa individuarsi più di un trat
to comune tra la versione critico-problematica dello storicismo italiano
(impegnato nella critica serrata ad ogni filosofia finalistica e nella fon
dazione di un senso della storia incardinato sulla specificità dei saperi
particolari) e la versione narrativistica dello storicismo, in cui l’origina
ria relazione, aristotelica e vichiana, tra poesia e storia, tende a depoten
ziare ogni teleologia storica e a fare dei racconti storici - qui basta fare
33
Ibid..,
p. 494.
34
Ibid.,
p. 589.