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MARCO VANZULLI
universale,
infatti, il sapere filosofico è il sapere ultimo, che raccoglie e ra­
zionalizza la tradizione civile, ma la disposizione del materiale cambia: quel­
la trattazione teologico-morale, i principi filosofici, come trattazione a sé
stante è sostituita, nella
Scienza nuova,
dalle
degnità,
principi di carattere
storico-antropologico. Si compie allora un nuovo sistema della conoscen­
za, la cui fondazione è costituita dalla nuova scienza delle
nazioni,
e i cui i
diversi ambiti, con la loro autonomia relativa, si collegano come parti di un
unico sapere. Nel
De uno
vediamo spesso agire una griglia schematica di ti­
po giusnaturalistico, in cui si ha, rispetto alla
Scienza nuova,
più una diver­
sa disposizione dell’ordine logico del contenuto che una sostanziale diffe­
renza del contenuto stesso, a indicare la principale differenza delle due ope­
re nel taglio epistemologico: dove gli aristocratici non sono più prudenti,
temperanti, forti, e dunque «optimi facti sunt nomina sine re», all’orbo
na­
turalis
succede un mero
ordo civilis,
al
verum
il
certuma .
Nonostante la de­
finizione di vero come «quod rerum ordini respondet»64, questa contrap­
posizione tra il
verum
e il
certum,
tra la ragione e il suo ordine da un lato, e
le istituzioni positive, i governi reali, appare come il risultato di una prima,
e ancora un po’ astratta e scolastica, applicazione vichiana delle tematiche
giusnaturalistiche. Non si darà più una contrapposizione di questo tipo nel­
la
Scienza nuova,
in cui anche il venir meno di una siffatta identificazione
con
Tordo naturalis
- che in questo caso è rappresentato dal principio che
i migliori devono governare - non sarà inteso tanto come uno scadimento
rispetto a un ordine eterno separato dalle vicende civili dei governi, ma sarà
compreso in un ordine civile concepito in senso processuale. L’ordine eter­
no diventerà allora l’ordine dello sviluppo tipico delle cose civili secondo
l’alternanza di epoche dalle caratteristiche differenti. Il principio metodo-
logico dell’unione del
certum
e del
verum-
della storia quale effettivamente
si svolge e degli ordinamenti civili quali effettivamente esistono e sono esi­
stiti da un lato, e della razionalità in essi espressa dall’altro - è tuttavia già
formulato con nettezza, ma non è ancora spinto fino in fondo in tutte le
sue conseguenze. Scrive infatti Vico subito dopo il passo indicato che oc-
sale non mancavano chiarezza e didascalicità, ma «l’oscurità dell’opera è un’oscurità intrinseca
ad una speculazione ancora imperfetta, ed è piuttosto nell’insieme che nella singola pagina». Il
passaggio all’italiano comporterà l’elaborazione di uno stile personalissimo - cosa che non pote­
va dirsi del suo latino, facente parte di una tradizione linguistica stabilita - «che subito ci colpi­
sce per un carattere fortemente personale, e nel quale la parola sembra, al confronto con la cor­
rispondente parola latina, acquistare un nuovo valore». E, a proposito della descrizione del va­
gare ferino: «quel che in latino era una descrizione letteraria comincia a trasformarsi in un dram­
ma potente» (M.
F
ubini
,
Stile e umanità di Giambattista Vico, seconda edizione con un’appen­
dice di nuovi saggi, Milano-Napoli, 1965, pp. 11-14 e 42).
63 De uno, pp. 199-201.
64 Ibid., p. 199.
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