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ANTONIO GISONDI
Nel primo ventennio del secolo i nostri tre ‘avvocati’ lasciano la toga in
nome di una scelta radicale ‘contro il mondo’, contro la giustizia dei tri­
bunali, del legalismo farisaico, contro la corruzione e il lusso, a favore del­
la umanità abbandonata nella spaventosa povertà morale e materiale con­
nessa alla fatiscenza del decrepito sistema feudale laico ed ecclesiastico. La
polemica si rivolge, innanzitutto, contro tutte le molteplici e pericolose for­
me di
incertitude
storica e di
foiblesse
della ragione. La corrosività della
cri-
tique,
non solo sulla scia pericolosamente aperta da Bayle, ha generato scet­
ticismo teologico, filosofico e religioso, impegnando profondamente la
Chiesa ad elaborare risposte, non sempre o solo
moderate
come quelle mu-
ratoriane. Sono appunto questi gli anni dell’intensa diffusione di quel car­
tesianesimo
ortodosso
nella specifica dimensione civile-politica e antropo-
logica. Esso esercita una notevole attrazione sugli intellettuali laici ed ec­
clesiastici - come risulta dai racconti autobiografici anzitutto di Gianno­
ne e di Vico - perché si rivela strumento idoneo alla rifondazione critica
del sapere e della cultura, civile-politica, teologico-giuridica e religiosa9.
Quasi subito, però, si afferma un prevalente orientamento regalistico e an­
ticuriale. Il primo audace frutto è, infatti, il manifesto dell’anticurialismo
di Nicolò Caravita,
Ragioni aprò dellafedelissima città di Napoli,
del 1692.
Alla fine del secondo decennio del Settecento de Liguori e Sarnelli
vivono direttamente l’esperienza del circolo Valletta-Caravita nel quale
la cultura storico-giuridica del ‘ceto intellettuale’ aveva maturato non so­
lo il metodo di indagine, ma anche la coscienza del proprio ruolo civile-
politico e del necessario impegno civile, oltre che etico e cristiano, nella
battaglia giurisdizionalistica e regalistica. Il ‘programma’ di esso era sta­
to espresso, nel 1707, dallo stesso Caravita con il
Nullum Jus.
Un pro­
gramma, come è noto, contraddittorio, segnato sin dalla nascita da limi­
ti regalistici, che lo caratterizzano fino alla conclusione tragica del seco­
lo illuminato, quando, nel 1790, la Pimentel lo riproporrà ritenendolo
ancor più valido.
E lo stesso ambiente culturale nel quale con sofferta prudenza na­
scono e maturano le istanze e le ansie riformatrici civili e religiose vissu­
te ed espresse poi da Giannone con originalità,
nell’istoria civile
10.1 no­
stri tre giovani avvocati, che hanno vissuto direttamente il clima cultu­
rale di quel circolo di studi, se ne differenziano, però, di lì a poco: Tor­
9 Per questo dibattito cfr. Nuzzo, op. cit., passim.
10 Per analisi ormai classiche e divergenti di questo clima culturale vedi
G . RICUPERATI,
L’Esperienza civile e religiosa di Pietro Giannone, Milano-Napoli, 1970; B.
D
e
GIOVANNI,
La
vita intellettuale a Napolifra la metà del '600 e la restaurazione del regno, in Storia di Napoli,
voi. VI, Napoli, 1970; Pietro Giannone e il suo tempo, Atti del convegno nel tricentenario del­
la nascita, a cura di
R.
Ajello, Napoli, 1980.
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