A PROPOSITO DI UN TEOLOGO E GIURISTA DEL SETTECENTO
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no con lo
Scritto antigiannoniano
del 1723, con cui si farà difensore del
primato ‘indiretto’ del potere spirituale sul temporale, e de Liguori, più
tardi, con le
Vindiciaeprò suprema Pontificispotestate
del 1768 e, poi, nel
1777, con
Lafedeltà dei vassalli gli rendefedeli anche al loro Principe,
do
ve quel ‘primato’ è presentato come ‘diretto’ e ‘assoluto’.
Analogo orientamento critico alimenta altresì, in vario modo, anche
l ’esigenza di superamento del formalismo teologico-scolastico e aristo-
telico-tomistico, avvertita da tempo in alcuni settori degli studi ecclesia
stici11. Matura, cioè, anche nelle scienze teologiche una prudente atten
zione e sensibilità per il cartesianesimo, non solo depotenziato o ‘di ma
niera’, come quello di de Liguori o degli anni Quaranta, «conciliato con
i dogmi metafisici» di Platone, sant’Agostino e Malebranche. Solo que
st’ultimo, infatti, secondo Pacia, sarà quello condiviso dal tomista Tor
no. L’approccio critico, invece, era diffuso e ormai vissuto come inevita
bile, se persino il ‘prudente’ Vico ricorderà che «era servitù troppo vile
star tutto sopra l ’autorità», mentre Cartesio «volle il proprio sentimen
to regola del vero»12. Genovesi, a sua volta, avverte che «udì del Carte
sio» alla fine degli anni Venti, «dall’istesso medico [Nicolò Genovese,
discepolo di Nicolò Cirillo] che nei primi due anni dei suoi studi di let
tere lo aveva avviato con profitto nella filosofia scholastico-peripateti-
ca». Nel terzo, invece, «udì del Cartesio [...] ed allora fu, che gustato il
sapor della nuova filosofia, cominciò quella dei scholastici ardirsi con
odio, che s’è poi reso immortale»13. E, mosso dalle stesse esigenze anti
11 «E se nell’anno 1611 la giurisprudenza in Napoli ricevette maggior cultura, sentendo
si già nel foro il nome di Cuacio e di altri giureconsulti, nell’anno 1635 cominciò la sacra scrit
tura a maneggiarsi dai preti con quel decoro che facea uopo [...] e nell’anno 1646 il Sansone
coll’occasione della fondazione delle Apostoliche missioni, dié nuovo metodo per la teologia
[...] e la filosofia anch’essa cominciavasi a dettare con altri principi più sodi, uniti alle dimo
strazioni matematiche, che già si erano sentiti in Napoli sotto la scorta del famoso Tommaso
Cornelio e di M. A. Severino»
(SPARANO,
op. cit., p. 333).
12Vedi laRisposta di G. B. Vicoall’articoloX del tomo Vili del Giornale de’Letterati d’Italia,
1712, in G. Vico, Operefilosofiche, a cura di P. Cristofolini, Firenze, 1971, p. 167. ‘Prudenza’ vi
chiana non solo ‘pratica’, però, ma anzitutto già impegnata nella riflessione teoretica sulla storia,
affermata subito dopo, che è bene riportare perché specifica sin da quegli anni l’originalità del
percorso che Vico si apre in quel dibattito: «Ormai sarebbe tempo da questi estremi ridursi al
mezzo: seguire il proprio giudizio, ma con qualche riguardo all’autorità: usare lordine ma qual
sopportan le cose. Altrimente, s’avvedranno, tardi però, che Renato egli ha fatto quel che sem
pre han soluto coloro che si son fatti tiranni, i quali son cresciuti in credito col parteggiare la li
bertà; ma, poiché si sono assicurati nella potenza, sono divenuti tiranni più gravi di quei che op
pressero. Imperocché egli ha fatto trascurare la lezione degli altri filosofi, col professare che con
la forza del lume naturale uom possa sapere quanto altri seppero» (ivi).
13 Cfr. la Vita diA. Genovesi, nella edizione di P.
ZAMBELLI,
La prima autobiografia diAn
tonio Genovesi, in «Rivista Storica Italiana» LXXXIII (1971) 3, poi in Id., Laformazionefi
losofica di Antonio Genovesi, Napoli, 1972.