A PROPOSITO DI UN TEOLOGO E GIURISTA DEL SETTECENTO
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Il
‘dottissimo’ e ‘maestro’ Torno, come lo ricordano Vico e sant’Alfon
so, o, «più politico che cristiano», «il più gran furbo che fusse in Napo
li», «il più amante della potenza ecclesiastica», come lo definisce invece
Genovesi, che lo riconosce però anche «inteso della buona teologia»23,
ebbe modo, perciò, di affermare la sua impronta teologica discreta ma
sempre forte e autorevole, eppure poco conosciuta, nella formazione del
laicato e del clero napoletano, nonché nelle difficili contese giurisdizio
nali. Torno fu chiamato, infatti, a svolgere molteplici incarichi sulla cui
descrizione e tentativo di problematizzazione è costruito l ’intero im
pianto del libro di Pacia che fa emergere con prudenza i presupposti di
una valutazione e di una non celata condivisione. Anche se in rapida suc
cessione, l’autore ripercorre i vari momenti di questa più che quaran
tennale e intensa attività, tutta interna alla gerarchia e alla dottrina teo-
logico-giuridica e pastorale della Chiesa e in questa incardinata con fe
deltà rigorosa, assoluta e filiale. Da questa ricostruzione, anche se par
ziale, egli fa emergere alcuni aspetti della forte specificità contrastante
con il profilo della personalità di Torno delineato da Nicolini24.
Dagli anni Venti in poi, Torno assume la direzione spirituale della
Congregazione degli
Illustrissimi,
fino a diventarne più volte superiore
generale; nello stesso tempo è professore di Teologia e poi rettore del Se
minario diocesano. Nel 1725 l’arcivescovo Pignatelli lo nomina «giudi
ce ecclesiastico di tutte le cause civili e criminali» e consultore del
Sant’Uffizio. Più noti e spesso ricordati sono altri suoi impegni: l’auto
revolissima partecipazione quale
theologus Eminentissimi
al Sinodo del
1726 che, sollecitato anzitutto da papa Orsini, fu poi realizzato dall’ar
civescovo e dalla Chiesa di Napoli, come occasione solenne di esame cri
tico del giannonismo, grazie appunto all’opera e alla dottrina teologico-
giuridica di Torno; la quarantennale attività di revisore ecclesiastico e,
dopo il Concordato del 1741, di membro del Tribunale Misto. Andreb
bero perciò studiate le concrete scelte fatte da Torno nello svolgimento
di tali impegni, sia per valutarne la specificità, sia per coglierne l’inci
denza sul clima di aspro confronto dialettico tra le due potestà, Chiesa
e Stato, che per tanta parte le sollecitava. E noto, inoltre, che questo con
fronto era ancor più vivo e difficile su molte questioni, anche gravi, al
l’interno stesso della cultura e della gerarchia ecclesiastica, non solo na-
23 A.
CUTOLO,
Memorie autobiografiche diAntonio Genovesi edite e illustrate
, in «Archi
vio storico per le Provincie napoletane» XLIX (1926) 1-4, p. 247, ripubblicate in
Illuministi
Italiani
, t. V,
Riformatori napoletani,
a cura di F. Venturi, Milano-Napoli, 1962.
24 Cfr. F.
NlCOLINI,
Il Vico e il suo censore ecclesiastico
, in «La Critica» XXXIX (1941),
poi in Id.,
Saggi vichiani,
serie prima, Napoli, 1955, pp. 281-295. Vedi anche B. Croce-F. Nl-
COLINI,
Bibliografia vichiana,
Napoli, 1957, voi. I, pp. 187-189.