A PROPOSITO DI UN TEOLOGO E GIURISTA DEL SETTECENTO
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Il giannonismo come riformismo religioso e civile, professato e dif­
fuso con efficacissima discrezione dalla poliedrica figura di questo giu­
rista e docente, pastore, arcivescovo e per qualche mese Viceré di Sici­
lia, fortemente sostenuto e difeso da Galiani, fa sentire ancora di più la
necessità di una indagine approfondita per comprendere meglio il si­
gnificato e l’incidenza di quel giudizio
vere catholicum
espresso da Tor­
no. Occorre verificare, cioè, entro quali limiti questa condivisione della
dimensione riformatrice religiosa dell
'Istoria
attraversi e pervada la cul­
tura del ‘grandioso Settecento’ che, di fatto, trova concordi questi due
suoi protagonisti, pur contrassegnati da premesse teoriche diverse: Tor­
no dall’ortodossia cattolica e Cusani dalla concezione giusnaturalistico-
groziana e platonizzante, ma anche storico-critica e sperimentale, della
ragione.
Sulla base di indagini interne alla cultura del mondo ecclesiastico si
possono individuare, così, aspetti specifici del ‘grandioso Settecento’ na­
poletano, quale, appunto, la diffusione e l’incidenza del ‘giannonismo
senza Giannone’, utilizzando anche indicazioni ed esperienze di ricerca
già maturate da Ajello, Ricuperati e ora da Merlotti48. Allo stato attuale
delle conoscenze, ed al di là delle osservazioni critiche sull’opportunità
di insegnare ai giovani ‘novità’ o ‘scoperte pericolose’, sulla pratica del­
la
libertas philsophandi,
sulla condanna del potere indiretto della Chie­
sa
in temporalibus
e di sciogliere il giuramento di obbedienza dei suddi­
ti al sovrano indegno, affermate nel
l ’istoria,
Torno in questa non ha ri­
levato gravi errori contro il patrimonio della Rivelazione. La Curia na­
poletana accolse tale giudizio ritirando anche la scomunica.
La complessa struttura storico-erudita della trattazione giannoniana
non trattiene il teologo dal condividere l ’ansia o anche solo l ’aspirazio­
ne, presente già nell
'Istoria,
prima che nel
Triregno,
ad una Chiesa tutta
spirituale, ricca di purezza e povertà evangelica come quella dei primi
tempi dell’era cristiana, vivificata da una religiosità interiore lontana dal­
l ’invenzione e dall’uso di simboli, codici e strumenti temporali. Gian­
none è, infatti,
vere catholicum,
come per altri versi Vico, proprio in virtù
di questa specifica tensione religiosa? O, nonostante gli ‘errori’ di docu­
mentazione storica e quelle osservazioni critiche, essa è comunque con­
sona alla dottrina tradizionale aristotelico-tomistica? Oppure, come ri­
tenne Nicolini, si deve ammettere una particolare ‘benevolenza’ o ‘de­
bolezza’ del teologo della Curia verso Giannone?
48
Si veda A.
MERLOTTI,
Negliarchivi del re. La lettura negata delle opere di Giannone nel
Piemonte sabaudo,
in «Rivista storica italiana» CVII (1995) 2, pp. 332-386; G.
RICUPERATI,
Non Swedemborg, ma Giannone,
cit.
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