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ANTONIO GISONDI
L’aspirazione verso una religiosità purificata e riformatrice, non solo
civile
, come è noto, non fu colta subito nemmeno dagli ambienti stessi
in cui
l’istoria
era nata. Solo quando circoleranno clandestini interi pas­
si del
Triregno
, portato da Vienna forse proprio da Cusani, il fascino di­
rompente di quella tensione notevolmente accentuata sarà colto e tutta­
via considerato pericolosamente incline ad verso una religiosità tutta ‘ra­
gionevole’ e deistica,
senza misteri49.
D’altro canto, però, oggi disponiamo di una speciale ‘controprova’
per verificare la possibile incidenza e l’impatto suscitati dal giudizio di
Torno nel dibattito interno alla chiesa napoletana: è una verifica che ren­
de ancor più ricco e contraddittorio il quadro culturale emerso dallo sca­
vo, seppure qui solo accennato, del ‘grandioso Settecento’ nella storia
ecclesiastica. E la prova che abbiamo visto emergere, infatti, dall’ogget-
tiva constatazione che questo giudizio di Torno come anche quello coe­
vo sulla
Scienza nuova prima
quale «opus mole exiguum, sed religione
firmum», nonché tutte le altre sue valutazioni positive dei lavori vichia­
ni, non trova alcun riscontro nella vastissima opera del suo ‘allievo’ pre­
diletto, Alfonso. È un silenzio che assume particolare significato se si ri­
flette, inoltre, che appare problematico riaffermare ancora, con Ajello,
una tacita forma di acquiescenza di Alfonso «nella cultura meridionale
posta tra due filosofie: l’una favorevole, l ’altra contraria aU’illuminismo».
Nella rigidità di questa prospettiva l ’esperienza di de Liguori è apparsa
«adattarsi piuttosto che reagire alla chiusura della società meridionale ad
ogni sbocco esterno»50. Ma la ormai verificata complessità e specificità
dei
lumi
nella cultura meridionale, così come appare anche dalla straor­
dinaria esperienza culturale e pastorale alfonsiana, rende meno nette e
contrapposte quelle ‘due filosofie’. E induce a non privilegiare un per­
corso unico e omogeneo che la ragione e i
lumi
avrebbero imboccato an­
che nel contesto meridionale, pressati da un lato dal tormentato esauri­
mento delle certezze teologiche aristotelico-tomisitiche o giusnaturali-
49 Sulla sorprendente circolazione del
Triregno,
non solo in ambienti napoletani cfr. G.
RICUPERATI,
Non Swedemborg, ma Giannone,
cit., ma anche numerosi altri lavori dello stesso
autore. Dai quali, comunque risulta ancora la difficoltà a spiegare l’arrivo a Napoli di varie
parti dell’opera. L’ipotesi avanzata da Chiosi
(op. cit.)
di attribuirne la diffusione a Francesco
Longano, condivisa da Ricuperati, non sembra escludere il più che verosimile ruolo svolto da
Cusani nel portarla a Napoli nel viaggio di ritorno da Vienna, effettuato insieme allo storico
fino a Venezia e poi proseguito da solo, per Manfredonia, fino a Napoli, recando anche «cas­
se» di libri per le quali Giannone, come emerge dall
'Epistolario,
è molto interessato e preoc­
cupato. Ancor più verosimile risulta tale ipotesi se si riflette che il codice napoletano, utiliz­
zato da Alfredo Parente, è segnato dalle iniziali M. C. De Samnitibus, e che anche Cusani, co­
me Longano, è sannita di origine.
50 Cfr. R.
A
jello
,
Prefazione,
cit., p. XXII.
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