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ANTONIO GISONDI
Se si tiene conto dell’esperienza di de Liguori e delle altre qui richia
mate e maturate mentre Torno, morto nel 1756, è ancora al vertice del
la cultura teologica napoletana, queste valutazioni si arricchiscono e si
complicano.
La straordinaria esperienza di lavoro missionario e pastorale svolto
nella Congregazione Apostolica prima, e poi nella sua dei Redentoristi e
nelle ‘geniali’ cappelle serotine, sollecita Alfonso già agli inizi degli anni
Quaranta, a superare e ad integrare l’impostazione teologico-morale to
mistica del ‘maestro’. Si apre ad un serrato confronto con i ‘lumi’ nell’e-
laborare il suo capolavoro teorico, la
Theologia moralis.
Questa è la sua
guida teologico-pastorale probabilistico-benigna, fondata sulla
ragione
naturale
per redimere l’uomo ‘caduto’, evitando i persistenti e opposti
estremi del rigorismo e del lassismo. Gli sviluppi - anche di ravvedi
mento, offerti dal laboratorio teorico-pratico costituito dalla prassi pa
storale - che egli apporta costantemente all’opera, così come alla sua me
todologia pastorale, vanno, quindi, oltre la lezione del ‘maestro’. A mu
tare è la concezione della
ragione naturale.
Accentuando così il contra
sto sia con le forti e perduranti istanze rigoristiche - non solo interne al
la stessa cultura cattolica, fondate ancora sulla validità assoluta ed eter
na della
Ratio
giusnaturalistica - sia, naturalmente, con la corrosività
scettica e materialistica o deistica della
raison.
Proprio al patrimonio giu
snaturalistico, riaffermato sul piano teologico-giuridico attraverso la ri
proposizione del modello politico federiciano, si richiamano, invece, la
dottrina e la prassi politica giannoniane, ispirate anche al modello della
vita della Chiesa dei primi tre secoli cristiani, per superare ogni forma di
pirronismo. E il modello della purezza e povertà evangelica della Chie
sa primitiva, evocato in particolare dai due eredi diretti e interpreti fe
deli delle letture complementari e divergenti del giannonismo: Frag
gianni e Cusani. Quel modello, al di là delle divergenze già note, costi
tuisce per essi l’unico rimedio al probabilismo lassistico dilagante che
corrode ormai lo stesso fondamento sacro di ambedue le potestà. Frag
gianni, come anche Galiani e Cusani, individua, inoltre, con sicurezza il
pericolo del lassismo diffuso e difeso proprio nella
Theologia moralis
del
«sacerdote De Ligorio» che l’ha ripreso dal Busembaum. A differenza
del Cappellano Maggiore e di Cusani, Fraggianni ritiene, però, che per
poterlo contrastare, oltre alla diffusione della «sana» teologia, sia neces
saria la radicale riaffermazione, dottrinaria e pratica, della
plenitudo po
testatis
secondo il modello federiciano della assoluta
potestas regalis,
di
diretta derivazione divina. Quella spirituale, di «custodire e diffondere
il sacro deposito della fede», di conferire gli ordini sacri, di amministra
re i sacramenti, è, altresì, direttamente affidata da Dio al Papa, ma su di