A PROPOSITO DI UN TEOLOGO E GIURISTA DEL SETTECENTO
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stessa Verità della Rivelazione. E lo fa non più, dice preoccupato Alfon­
so, solo seminando scetticismo come faceva « l’empio Bayle» o «quel mat­
to di Spinoza», che dichiaravano l ’impossibilità appunto di coglierla con
la ragione, perché finita e incerta. Ora, gli «spiriti forti o moderni filo­
sofanti» vanno ben oltre la dissoluzione di quella
Ratio,
l ’inesistenza del­
la Verità rivelata e il deismo. Ora affermano persino l ’impossibilità di
norme morali e giuridiche fondate anche solo sulla
ragione naturale,
e,
quindi, dichiarano la mortalità dell’anima, la materialità del pensiero,
« l’uomo macchina», la repubblica di atei, la religione come impostura.
E ancora molto altro61.
La tensione religiosa giannoniana, assunta da Galiani, Cusani, Ge­
novesi, condivisa in parte da Torno o almeno ritenuta sinceramente cat­
tolica appare a de Liguori insufficiente, forse, per combattere la violen­
za e la deriva critico-scettica di quei
lumi.
All’altra sua dimensione, quel­
la regalistico-giurisdizionalistica altrettanto pericolosa, sostenuta e pra­
ticata da Fraggianni, egli oppone direttamente, nel 1777, quel suo trat­
tato
La fedeltà dei vassalli verso Dio gli rende fedeli anche al loro princi­
pe,
in cui capovolge radicalmente il modello teologico-politico federi-
ciano del primato divino e assoluto della sovranità temporale, sottomes­
sa, invece, a quella spirituale.
I
percorsi della ragione storico-giuridica giannoniana e della nascen­
te
ragione
storica vichiana, quindi, sono apparsi ad Alfonso comunque
risucchiati dentro questa criticità dissolvente ogni ‘certezza’? La loro sin­
cera esigenza cristiana di arginare quei mali con l’uso critico-storico del­
la ragione e, quindi, di riaffermare la ‘certezza’ della verità liberandola
da ‘barbarismi’ e storture o, persino, storicizzandola radicalmente attra­
61
Tra le ragioni che alimentano la forte preoccupazione che sollecita la battaglia di Alfon­
so (cfr.:
Breve dissertazione contro gli errori dei moderni increduli,
del 1756, e
Verità dellafe­
de,
del 1762) contro i
modernifilosofanti o spiritiforti,
non si possono escludere gli effetti pro­
vocati nel dibattito culturale napoletano, anche interno alla Chiesa, dalle vicende connesse al­
la pubblicazione nel 1750 della
Lettera Apologetica
di Raimondo de Sangro e alle peripezie
che dovette affrontare il Molinari, autore, nel 1752, dello sfortunato
Parere,
contrario alla
Let­
tera.
Amico di de Liguori, di padre Rocco, del frate Francesco Pepe consultore segreto del Re
e animatore della plebe contro Giannone nel 1723, Molinari con questi è impegnato in una
‘setta mariana’ e, insieme, erano riusciti ad ottenere l’editto di condanna della massoneria il
10 luglio del 1751 (cfr. Chiosi,
op. cit.,
pp. 71-75; G. G iarrizzo,
Illuminismo eMassoneria...,
cit., pp. 115-119). È necessario, come è già emerso, approfondire il ruolo svolto da Tomo nel­
la complessa vicenda sia della pubblicazione della
Lettera
che della condanna del
Parere.
Qui
occorre sottolineare che dall’inventario della
Libraria
del Di Sangro riportato in appendice
alla
Lettera
pubblicata da Spruit (R.
DESANGRO,
Lettera Apologetica,
cit.) risulta presente an­
che l’alfonsiana
Verità dellafede.
Va anche segnalato che secondo il confessore del Principe
proprio
LApparecchio alla morte
di Alfonso indusse molti massoni alla conversione morale;
cfr. De Maio,
op. cit.,
p. 360.
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