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ANTONIO GISONDI
verso una
Scienza nuova,
non conclude, comunque, ad esiti che egli ri
tiene scettici, insoddisfacenti e contraddittori, perché approdano ad una
verità fondata su assoluti razionali ormai già dissolti? O la dissolvono del
tutto volendola fondare persino nell’incerto procedere del divenire sto
rico? De Liguori, a differenza di Torno, sente con angoscia che la cultu
ra cattolica è fortemente interpellata da queste pericolose forme di
in-
certitude.
Eppure egli non si ‘adegua’ affatto, né si affida all’apologetica
tradizionale. Anzi, reagisce con decisione. Perché occorre imboccare
nuovi percorsi, fecondati, per tanta parte, proprio dalla sua originale rie
laborazione, anche eclettica, di alcune di quelle valenze critiche ‘carte
siane’, presenti nel dibattito napoletano. Il confronto con quelle euro
pee gli consente di proiettare lo sguardo oltre le diverse forme, ormai
tutte improponibili, di rifondazione giusnaturalistica della
Ratio
e oltre
il connesso modello della Chiesa apostolica, oltre la riaffermazione del
la stessa compiutezza e intelligibilità tomistica della Verità. La
certezza
della norma morale e giuridica, prima ancora che sulla
Verità Rivelata
o
sulla
Ratio,
può e deve essere fondata con la
filosofia esperimentale
del
la
ragione naturale.
Soltanto questa, infatti, può aderire con estrema at
tenzione ‘benigna’ alla condizione storica ‘ferina’ dell’uomo, figlio di
Adamo, accogliendolo a partire dallo stato di ‘caduta’ in cui esso si tro
va e sul quale i
lumi
della
Ratio
tomistica o giusnaturalistica sono impo
tenti e inefficaci. La maestosa assolutezza razionale-divina della legge
eterna, ‘illaquerebbe le coscienze’ anziché sollevarle. La sua rigidità, pri
ma ancora di venire dissacrata o dissolta dalla violenza
critique
della
rai-
son,
è inattingibile, a volte, persino dagli spiriti più eletti e dagli stessi pa
dri della Chiesa. Alfonso sa, invece, che la Chiesa se vuole contrastare lo
scetticismo radicale deve saper interagire proprio con alcune delle istan
ze razionali-sperimentali della ragione critica, nata dagli stessi sviluppi
del cartesianesimo. Si tratta di confrontarsi con quelle stesse istanze cri
tiche che spinsero il giovanissimo Genovesi alla fine degli anni Venti ad
«ardire con odio la filosofia scholastico-peripatetica» - della quale pur
aveva fatto «profitto» - , non appena ebbe «gustato il sapor della nuova
filosofia di Cartesio».
L’abate recepisce quella esigenza, critica di ogni forma di assolutezza
della
Ratio
come anche di ogni forma di scetticismo, e la sviluppa, però,
elaborando oltre i vari ‘cartesianesimi’, un’originale
scienza dell’io e del
l’uomo,
fondata sulla stessa
ragione naturale,
invocata anche da Alfonso,
ma esperta e attenta al
mutuo commercio mente-corpo.
Questo, infatti,
consente ad essa non solo di sottrarsi all’ormai superato ruolo di
ancilla
Theologiae,
di sfuggire alle illusioni del «ridicolo e sciocco sistema idea
listico», di «non fuoriuscire dalla propria atmosfera», ma anche di evi