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ANTONIO GISONDI
suo tomismo lo ha accompagnato e protetto, come egli steso si augura
va, fino alla morte, nel 1756. A lui si celava, forse, secondo Alfonso, che
l ’avanzare della ragione storico-critica accresceva quei pericoli già vivi
ben prima dell’inizio di quel ‘glorioso Settecento’ che vide il
theologus
eminentissimi
protagonista primario nella difesa della concezione teolo
gica della Chiesa come
societas perfecta.
In tale ottica, il suo ‘allievo’ pre
diletto, vissuto ancora per ben altri trenta anni affrontando l ’esplosione
della
raison,
potè spiegarsi, forse, quei lontani giudizi ‘benigni’ su Gian
none
vere catholicum
e sul capolavoro vichiano
religione firmum.
Al ‘maestro’ Torno è così sfuggito
lo spirito del secolo-,
l’‘allievo’ ritie
ne che egli ha sottovalutato o ignorato, infatti, l ’esito pericolosamente
deistico del
Triregno
cui conduce naturalmente anche la dimensione cri
tica della ragione realizzata
dedi’Istoria,
pur mossa e segnata dall’esigen
za di una ‘sincera religiosità’. Allo stesso modo non ha visto che la radi
cale storicizzazione del processo di incivilimento umano
discoverto
dal
la
Scienza nuova
avrebbe storicizzato, altresì, ogni forma di religiosità,
nonostante il prudente o ambiguo provvidenzialismo che questa ancora
intravede nel percorso storico, in particolare del ‘popolo eletto’. Né ri
sulta verosimile l ’ipotesi di una particolare «benevolenza» o «debolez
za» di Torno nei confronti di Vico e di Giannone, come ritenne Fausto
Nicolini62.
A
nton io
G
isondi
62 Cfr. C roce- N icolini,
op. cit.\
F. N icolini,
Il Vico e il suo censore ecclesiastico,
cit.