LA METAFISICA COME QUESTIONE DI METODO
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Il processo astrattivo è necessario per avviare l’operazione, mentre nel
la conclusione entra in gioco l’operare della fantasia. Perché questo è evi
dentemente l’unico modo per garantire una premessa ‘vera’ che impe
disca alla fantasia di sfociare nel falso.
Vico certo ricorda come anche il metodo geometrico giovi molto al
la formazione delle finzioni poetiche, perché queste ultime nascono dal
l’abilità di connettere certe immagini ad altre, così che le seconde sem
brino derivare dalle prime, le terze dalle seconde, e così via. Sempre che
le premesse siano vere, naturalmente: citando erroneamente Aristotele,
Vico le definisce «paralogismi di conseguenza», che possono funziona
re sull’affermazione del tipo «Dedalo vola se è alato»11. E per questo che
si può dire che i geometri ben conoscono le verità filosofiche e che il me
todo geometrico sia sotteso a quello filosofico. Non usare un metodo
geometrico equivarrebbe per Vico a utilizzare principi fondati esclusi
vamente sulla sensibilità, mentre al contrario questa configurazione par
ticolare del
mos geometricus
gli permette di utilizzare in un medesimo
processo astrazione e senso, intelletto e ingegno. L’impiego della meta
fisica platonica «stabilisce, in metafisica, le sostanze astratte aver più di
realità che le corpolente»12, ma stabilisce anche, nella rivisitazione vi
chiana, un principio di tipo non subordinativo rispetto alla storia delle
umane idee. L’oggetto del sapere dei primi uomini è il senso, così come
l’oggetto dell’umanità spiegata è l’intelletto e in quanto tali i due ogget
ti si equivalgono13.
Dicevamo inizialmente della funzione propedeutica del
De antiquis
sima
nella fondazione di una metodologia metafisica, riassunta partico
larmente bene in un brano dell’opera vichiana:
La geometria ha ricavato dalla metafisica la virtù dell’estensione, e que
sta, in quanto virtù dell’esteso, è anteriore alla cosa estesa, ed è perciò ine
stesa. A questo modo l’aritmetico ricava dalla metafisica la virtù del nume
ro, ossia l’unità, la quale, essendo virtù del numero, non è un numero; e co
me l’uno, che non è numero, genera il numero, così il punto, che non è este
so, produce l’estensione14.
Che equivale a dire che occorre trovare proprio nella metafisica la virtù
delle cose fisiche, altrimenti sarebbe impossibile giustificare la perfezione
11 Id.,
De nostri temporis studiorum ratione,
in
Id.,
Opere,
cit., voi.
I,
p.
145;
d ’ora in poi
De rat.
12Id.,
Vita scritta da se medesimo
,
in
ibid.
,
p.
20.
13 Cfr.
P.
C
ristofolini
,
La Scienza nuova. Introduzione alla lettura,
Firenze,
1995,
p.
112.
14
De ant.,
p. 86.