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RECENSIONI
la fra la fedeltà alla interpretazione di Pietro Piovani, che senza tentennamenti
aveva escluso non solo la
fisica
ma anche la
metafisica
in quanto sede a cui at­
tingere per individuare un canone del
facere
creativo umano, e la suggestione
derivata dalla affascinante interpretazione di Stephan Otto. Questa ha fatto as­
sumere alla vichiana
metafisica della mente
un carattere trascendentale, per­
mettendo così di risolvere
quasi
kantianamente il problema di trovare un orien­
tamento normativo del
facere
umano, problema che in Vico rimane invece, co­
me meglio di Otto aveva compreso Piovani, incerto nelle sue soluzioni ancora
rudimentali e prive di elaborate raffinatezze
(sono parole di Piovani), perché
troppo innovative, troppo nuove per poter offrire soluzioni chiuse, definitive.
Ma non è forse tale
rudimentalità
e mancanza di
raffinatezza
a rendere interes­
santi oggi le soluzioni nuove prospettate da Vico, tanto più interessanti perché
non
kantiane e, appunto, vichiane?
Politicità, senso comune e filosofia pratica, dunque. A tale problema sono
dedicati in parte 0 secondo capitolo del libro di Cacciatore, a cui già ho fatto ri­
ferimento, il quarto («Die Erziehung des ‘ungebildeten Volkes’ als Bedingung
der bùrgerlichen Gerechtigkeit», pp. 141-165), ma specificamente il quinto
(«‘Politische’ und ‘praktische’ Philosophie», pp. 165-191) e il sesto («Die Ord-
nung der ‘Gemeinschaft’ und der Gemeinsinn der ‘Differenz’», pp. 191-211).
Il compito che Cacciatore assolve è quello di mostrare lo stretto legame della fi­
losofia politica estrapolabile dalla
Scienza nuova
con la filosofia pratica. La
Scien­
za nuova
si candida in questo modo nella interpretazione di Cacciatore ad es­
sere compresa eminentemente come una
complessa
filosofia pratica, una filoso­
fia pratica che per costituirsi deve rinnovare profondamente anche la metafisi­
ca e l’antropologia.
Un ruolo centrale nelle riflessioni di Cacciatore relativamente a tale que­
stione viene comprensibilmente giocato dal riferimento a quelle pagine della
Scienza nuova
dedicate alle
pratiche,
pagine che notoriamente non vengono ri­
compresse nella stesura del 1744. E attraverso il riferimento alla spiegazione che
lo stesso Vico anticipa nella
Scienza nuova
del 1730 per la scomparsa nella ste­
sura del 1744 delle pagine dedicate alle
pratiche
che meglio si comprende la con­
divisibile interpretazione che Cacciatore ci propone del rapporto fra filosofia
politica e filosofia pratica in Vico.
Nella
Scienza nuova
del 1730, Vico avverte il lettore del pericolo di venire
equivocato. Aver dedicato pagine specifiche alla questione delle
pratiche
non
deve far pensare al lettore che la
Scienza nuova
sia stata concepita fino a quel
momento come una scienza puramente
contemplativa
a cui manca il rapporto
con la pratica e cioè con ciò che è proprio delle
scienze attive
che si occupano
di oggetti che dipendono dal volere umano. «Vico effettivamente nota - dice
Cacciatore -, anticipando così l’esclusione delle
pratiche
dall’edizione della
Scienza nuova
del 1744, che è inutile dedicare una trattazione particolare alle
questioni pratiche. Ai saggi della repubblica [....] dovrebbe essere sufficiente ri­
flettere approfonditamente sulla scienza che ha ad oggetto il corso delle nazio­
ni [...]» (p. 186).
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