RECENSIONI
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La scienza che ha ad oggetto il
corso delle nazioni
e dalla quale dobbiamo
apprendere ciò che è necessario a dirigere bene il nostro agire è però l’intera
Scienza nuova
e non solo quella ridotta parte di essa dedicata alle
pratiche.
Per
questo nella stesura del 1744 le
pratiche
scompaiono. Una dottrina speciale in­
torno ai principi, un’etica del principi separata dall’etica materiale, non sono
pensabili per Vico almeno a partire dal momento in cui per lui diviene definiti­
vamente chiara la portata filosofica del concetto più nuovo presente nell’opera
e cioè quello del
sapere poetico.
Separare la trattazione dei principi dalle
prati­
che
sembra, così, a Vico dopo il 1730 a ben riflettere del tutto incongruente.
Or­
dine
della comunità e senso comune della
differenza
si ritrovano piuttosto stret­
tamente connessi nella nuovissima scienza che ha ad oggetto il
corso delle na­
zioni.
Tale scienza è nuova proprio nella misura in cui si pone in grado di sco­
prire il nesso indissolubile di
ordine
e
differenza
in quel
corsodelle nazioni
di cui
essa eminentemente si occupa. E infatti nella
differenza
che deve essere scoper­
to l’
ordine
sempre concreto, specifico,
certo
, un ordine, dunque, che non viene
introdotto nella storia con il suo connotato di verità dall’esterno. La filosofia
politica diviene così filosofia pratica per antonomasia. I principi non si trovano
fuori
dal corso delle nazioni. Nella pratica della vita delle nazioni, di ogni
diffe­
rente
nazione, sono rinvenibili e si costituiscono sempre di nuovo i principi va­
lidi di un
ordine
che non ha necessità di essere per così dire né introdotto né av­
valorato dall’esterno.
Ma di quali principi discorre Vico assegnando ad essi il compito di costitui­
re e avvalorare l’ordine, un ordine sempre concreto e differente? Quale è la lo­
ro origine? Per rispondere a tali quesiti le pagine del libro dedicate al rapporto
fra
poesia e storia
permettono di comprendere nella maniera più chiara l’inter­
pretazione che Cacciatore elabora della filosofia di Vico e l’uso filosofico nel
senso di un rinnovato storicismo etico e non conservatore che di tale interpre­
tazione ci propone. Fra narrazione storica, poesia e linguaggio vi è un nesso
strettissimo. Sulle questioni del linguaggio e della funzione della poesia nella
narrazione storica, questioni affrontate in quel terzo capitolo del libro («Poesie
und Geschichte», pp. 109-141) che è a mio avviso la parte più originale del la­
voro che Cacciatore ha dedicato a Vico, l’A. è già ritornato a riflettere in modo
originale in un saggio dedicato a
Vico: narrazione storica e narrazionefantastica,
(in
IIsaperepoetico e gli Universalifantastici,
a cura di G. Cacciatore, V. Gessa,
E. Nuzzo, M. Sanna, Napoli, 2004, pp. 117-139). Terrò conto anche delle posi­
zioni di Cacciatore in questo saggio che testimonia la produttività di una ricer­
ca filosofica che non si è arrestata e che anzi è ancora pienamente in corso. La
vicenda che viene esposta da Cacciatore è ben nota ma acquista un significato
del tutto nuovo perché diviene senza più tentennamenti la
metafora
di una con­
cezione della storia in grado di coniugare individualità concreta e universalità
temporalmente e spazialmente determinata. La
fantasia
poetica crea il primo
universale fantastico, Giove, il dio tuonante, e la
paura
induce alla creazione del­
l’ordine, di un ordine che è umano e divino insieme. L’ordine - divino perché
si origina nella paura del Dio, e umano perché prodotto e produttore di
huma-
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