RECENSIONI
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nella capacità di venir condiviso di tale ordine attraverso un giudizio concepi­
to in quanto strumento di una ragione che include il sentimento, che si ritrova
la misura del valore mai dato per scontato, mai trovato eternamente, dell’ordi­
ne comunemente posto in essere. Tale ordine fornito di valore è, infatti, sempre
anche e insanabilmente legato al suo essere collegato al
tempo
e allo
spazio con­
creti,
tempo e spazio per di più sempre e inevitabilmente concretamente espe­
riti da esseri
humani
che ancora ricordano - e ciò è quanto davvero li rende
hu­
mani
preservandoli da un sempre possibile e anzi incombente rinnovato im­
barbarimento - la continuità della loro vicenda iniziatasi in una selva in cui gi­
ganteschi bestioni erravano privi di mondo senza relazione con se stessi e con
gli altri. Solo il mantenere fermo il ricordo narrato delle origini
humane
del-
Xhumano,
il mantenere saldamente uniti
poesia
e
storia
dunque, rinarrando e co­
sì ricreando in modo poeticamente nuovo quella antica vicenda che ha fatto na­
scere
Xhumano,
potrà permettere di non disperdere ciò che dell’ordine comu­
ne ha valore e come tale è giudicato da un
senso
comune in grado di unire in sé
ragione e sentimento. Quei principi che
provvedono
dall’interno a preservare
Xhumano
da una ricaduta nella originaria barbarie della selva, selva che non è
un mondo per gli irrelati bestioni erranti e privi di comunità, sono allora nien­
te altro che la capacità sensibile di fantasticare narrazioni vere e di narrare fan­
tasie sensibili.
Vorrei in sede conclusiva tornare solo molto brevemente a ciò da cui questa
presentazione dell’ultimo lavoro di Cacciatore ha preso le mosse, e cioè il rap­
porto con la discussione filosofica tedesca dello scorcio del passato secolo, lo sto­
ricismo e la questione della crisi e della trasformazione dei modelli di razionalità
e normatività. E stata, io ritengo, l’appropriazione da parte di Hans-Georg Ga­
damer, ma anche di Wilhelm Hennies e di altri ancora, della filosofia di Vico, ap­
propriazione attuata per avvalorare, ulteriormente rispetto al richiamo ad Aristo­
tele - contro il quale richiamo altri hanno protestato -, un ritorno conservatore
ad un’etica
anticheggiante
del senso comune tutta giocata contro un’etica dei prin­
cipi che intendeva invece raccogliere l’eredità illuministica e kantiana, a spingere
Cacciatore verso una interpretazione
quasi
kantiana della funzione della
metafisi­
ca della mente
nella filosofia di Vico. Lo sviluppo della discussione filosofica in
Germania e in Italia, influenzato profondamente anche dalla riflessione in lingua
inglese, ha certamente contribuito a deenfatizzare la questione della fondazione
dell’etica, fondazione che veniva prodotta attraverso il ricorso o ancora alla me­
tafisica o a concezioni così dette
forti
della ragione in contrapposizione a conce­
zioni considerate invece
deboli.
Ad una concezione dell’etica intesa ancora
trop­
po
kantianamente come una metafisica dei costumi, una metafisica che per prin­
cipio fa astrazione da ogni antropologia, ad una morale, dunque, tutta giocata at­
traverso l’uso del
giudizio determinante,
si sono contrapposte forme differenti di
riflessione etica che hanno assunto il compito di ripensare la razionalità e la nor­
ma a partire dalla posizione prospettica di una individualità concreta da cui esse
non intendono fare astrazione. Il Kant della
Kritik des Urtheilskraft
e un Aristo­
tele interpretato in modo non conservatore da Ottfried Hòffe e Enrico Berti, pri-
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