RECENSIONI
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retiche quanto dall’ approfondimento di una tradizione filologico-testuale che
costituisce oggi, molto più che nel passato, il fondamento per l’amministrazio­
ne del patrimonio vichiano. Non a caso i due autori qui presenti, e la cui fami­
liarità con Vico è ben nota ai lettori di questo «Bollettino», spesso con disin­
voltura e in uno spirito autenticamente vichiano si scambiano i ruoli nel loro in­
teresse diviso tra filosofia e filologia.
Il contributo di Paolo Cristofolini (
Une république de marchands. Note sur
le Spinoza de Vico,
pp. 7-14) pone subito una questione di metodo nel rappor­
to tra Vico e Spinoza. Da tempo l’impegno degli studiosi è volto a ricercare, tra
le pieghe del pensiero vichiano, elementi di significativa risonanza nei confron­
ti di questo o quel filosofo, anche nei casi di presenze soltanto implicite; ma l’in­
tento dell’ A. è in questo caso, dichiaratamente, quello di restituire l’immagine
del filosofo olandese attraverso una decomposizione che parta dal livello «espli­
cito» della scrittura vichiana, palesando anche in tal modo le modalità di ap­
proccio della cultura filosofica dell’epoca nei confronti dell’ ‘empio’ Spinoza.
Cristofolini ci propone cinque immagini della «ricostruzione» vichiana di
Spinoza. Due di queste sono legate al tema dell’utilitarismo e del fatalismo:
quando Vico nel
Diritto universale
accomuna Spinoza al quartetto composto da
Epicuro, Machiavelli, Hobbes e Bayle e gli attribuisce marcati elementi epicu­
rei e stoici, e quando, nella
Scienza nuova
del 1730 e in quella del 1744 (Spino­
za non è infatti menzionato nell’edizione del 1725), assimila in modo alquanto
asettico necessità spinoziana e destino stoico, riproponendo le accuse al filosofo
che negando la Provvidenza non coglieva gli autentici fondamenti del diritto.
In questo senso, l’A. osserva come dalle ostentate invettive di Vico, che attin­
gono incontestabilmente ai testi, emerga, «un univers de symboles qui ne sont
pas nécessairement ancrés dans le texte» (p. 10) in cui rientrano anche il dei­
smo e l’ateismo di Spinoza. Nel fatto poi che Vico nel
De constantia
sottolinei
come sia la Provvidenza a contrapporsi senza mediazioni all’utilitarismo, Cri­
stofolini coglie da una parte la netta convergenza di Vico con lo scolio della
prop. 35 del Libro IV dell
'Etica
sulla polemica con Hobbes, e dall’altra l’uso
capzioso della «rappresentazione» di Spinosa, il quale «n’est ici que la figure
démoniaque de l’imaginaire catholique, qui doit absolument l’associer aux fi­
gures démoniaques au prix d’une ignorance et d’une censure des differences et
des contrastes» (p. 11). A partire da queste immagini, osserva l’A., l’identifica­
zione spinoziana di Dio con la natura, «est associée par Vico, en un éclair de ge­
nie, à la psychologie pré-rationnelle du primier àge, celui des dieux» (p. 11), se­
condo l’elaborazione che troveremo nella
Scienza nuova.
Ecco perché «au-delà
de l’aggressivité des mots, Spinoza en ressort grandi; et ce qui fut l’entente
profonde de Vico, nous pouvons à grand peine la comprendre et certainement
pas l ’imaginer» (p. 11).
Infine, Cristofolini si sofferma sull’unico passo in cui Vico critica gli Ebrei,
ma lo inserisce nell’immagine vichiana relativa alla «rovina delle repubbliche»,
dove l’attacco indistinto a stoicismo, epicureismo e spinozismo assume conno­
tati di virulenza tali da potersi interpretare solo alla luce delle forti pressioni del-
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