RECENSIONI
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essendo riuscito «à se représenter l’historicité de la langue et l’individualité des
langues» (p. 65), che pure fonda quel «mondo civile» i cui fondamenti che ave­
va incessantemente cercato.
Da tempo in Spagna l’attenzione per Vico ha registrato un sensibile incre­
mento quantitativo e qualitativo, come hanno potuto peraltro riscontrare i let­
tori di questo «Bollettino». Uno degli artefici di questa nuova alacre stagione
degli studi vichiani è José Manuel Sevilla Fernandez, fondatore dei «Cuadernos
sobre Vico», rivista benemerita anche per offrire traduzioni di scritti vichiani in
lingua spagnola; ed è di Sevilla il saggio presente in questo volume
[Une lectu­
re différentielle de la réception de Vico auXIXesiècle espagnol. Images de la mo-
dernité de Vico (présence et absence),
pp. 67-100], dove l’A. fa il punto sulla re­
cezione di Vico in Spagna durante il XIX secolo in rapporto al tema della mo­
dernità. Come nota Sevilla, nell’Ottocento il dibattito culturale in Spagna è sta­
to mosso più da intenti polemici che da approfondimenti filosofici, al punto che
non è sempre possibile distìnguere affermazioni significative da commenti oc­
casionali. Una considerazione di fondo è che « l’image de Vico qui prédomine,
réfléchie dans la réception catholique hispanique XIXe siècle, est celle du Vico
des rationalistes»\
ma questa affermazione va integrata in una più complessa di­
samina sul concetto di modernità recepita nel secolo XIX, dove l’immagine di
Vico, per quanto spesso distorta o fraintesa, non viene fatta coincidere
tout court
con la prospettiva della
modernità
cartesiana. In questo contesto, 1’ A. esamina
varie interpretazioni relative ai temi metafisici e gnoseologici vichiani (Balmes),
a quelli estetici (Menéndez Pelajo, Camus), di filosofia della storia (Morón, Va-
lera, Gonzàles, Serrano, Doloso), del diritto (Duràn y Blas), distinguendo da
una parte quelle di stampo liberale illuminato che riflettono positivamente l’im­
magine di Vico, dall’altra quelle cattoliche e scolastiche la cui valutazione è
senz’altro negativa. In particolare, toccando i temi legati alla filosofia della sto­
ria, più netta appare la divaricazione ermeneutica. Sul versante del cattolicesi­
mo sostanzialmente ostile a Vico, l’A. si sofferma su Ceferino Gonzàles e Ni­
colas Maria Serrano, le cui posizioni, esposte con cura, ci confermano sull’inu­
tilità di proseguire il loro studio, almeno relativamente all’interesse vichiano. E
di certo ineccepibile che «Vico est dévalorisé à juste titre parce que ‘moderne’,
et constitue ainsi un élément important qu’il faut neutraliser intellectuellement
et, dans tous les cas, exclure en faveur d’une philosophie catholique de l’hi-
stoire» (p. 83); ma manca ogni proposta alternativa, se non quelle, palesemen­
te isolate, di un Balmes, che rivendica la conciliazione tra cattolicesimo e razio­
nalismo, tra religione e filosofia, o di un Valera, fautore di una concliazione ‘este­
tica’ tra e cattolicesimo e liberalismo.
Interessante è poi la ricognizione sulla cultura giuridica spagnola dell’epoca,
dove spicca la lettura vichiana di Manuel Duràn y Bas, autore di una memoria su
La teoria del derecho en la Ciencia nueva
e rappresentante di quella «scuola stori­
ca» catalana di diritto che, rinunciando alle fonti francesi si era rivolta a quelle in­
glesi (vedi Bentham) e tedesche (Savigny). Nella sua posizione di «liberale cattoli­
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