300
RECENSIONI
co e riformatore», e nella preoccupazione che lo storicismo degenerasse nel relati­
vismo, Duràn sottolineava la completezza che assume in Vico l’ordine morale at­
traverso il diritto, tale da fondare una filosofia della storia; Duran «compenserà
l’historicisme juridique par l’exigence d’un principe chrétien, un ‘principe spiri-
tuel’ qu’il nomme ‘l’element rationnel’ ou ‘élément chrétien’ chez Savigny», per cui
«le droit privé est l’un des élements constitutifs de la personnalité historique de la
nation, et chaque nation possède son droit privé nadonal» (pp. 83-84).
Ma la parte di maggior interesse del saggio di Sevilla è quella dedicata al pen­
siero di Donoso Cortés, il più importante tra gli studiosi spagnoli del XVIII seco­
lo. Si può dire in un certo senso che in lui vengano sintetizzate entrambe le posi­
zioni del vichismo ottocentesco spagnolo; infatti, ad un primo periodo della sua
speculazione (fino alla metà degli anni ’40), caratterizzato da posizioni iUuministe
e liberali, segue una forte virata in direzione di un cattolicesimo fortemente ultra­
tradizionalista e antirivoluzionario. Ebbene, come nota acutamente Sevilla, la re­
cezione vichiana in Donoso può essere verificata non solo nella presenza testuale
(in particolare, per il primo periodo, gli scritti giornalistici raggruppati sotto il ti­
tolo di
Filosofìa de la istoria. Juan Bautista Vico),
ma anche nella significativa
as­
senza
di Vico nella seconda fase del suo pensiero. Ciò che colpisce e attira di Vico
nel primo Donoso è l’unificazione tra idee e fatti, tra filosofia e storia, superando
Cartesio e Voltaire; «c’est cette union vichienne qui rend possibile, d’après Dolo­
so, la fondation de la ‘philosophie de l’Histoire’, qui est, selon lui, la plus moder­
ne des disciplines du dix-neuvième siècle. En outre, cette
vote divergente
de mo-
demité permet la convergence des Lumières et du romandsme, de l’histoire de la
raison et de la raison de l’histoire, ce qui plairait certainement beaucoup au pri-
mier Donoso» (p. 97). Di contro, il Donoso reazionario e apologeta cattolico si al­
lontana da Vico «car celui-ci ne pénétra pas ‘profondément les mystères catholi-
ques’, en mème temps que, dans cette mème lettre, le ‘second’ Donoso s’eloigne
aussi du ‘premier’, se renient lui-mème (et donc la philosophie moderne, l’éclecti-
sme et le libéralisme, ‘toutes doctrines de perdition)» (p. 98). Gli accenti di forte
«veemenza teocratica» che inducono Donoso a sostituire la tradizione filologica
della Bibbia ai contenuti storici e filologici prettamente vichiani gli impediscono
di accettare una modernità segnata per lui da un vizio di origine.
L’ultimo saggio che troviamo nel volume, quale doveroso contributo alla cul­
tura ospite del colloquio di Tours, è quello di Bruno Pinchard
(Laquestiondel’hu-
manismeselon Giambattista Vico. Splendeur et misere d’Alexandrie,
pp. 101-109),
studioso che riassume nella sua lunga frequentazione vichiana alcuni tratti signifi­
cativi della lettura francese di Vico, caratterizzata da una penetrazione del testo ar­
ricchita da suggestioni talora stimolanti e in linea con i connotati immaginifici del
pensatore napoletano. In questo caso, l’A. esamina alcuni temi centrali del pro­
blema dell’umanesimo a partire dalla critica di Nietzsche alla «modernità anti-uma-
nista», per cui l’estetica alessandrina, così come il barocco, avrebbe soffocato i rap­
porti di forza sottesi alla società, proclamando la vittoria di una metafisica ottimi­
sta che fa dell’uomo un essere razionale. In questo senso, la contrapposizione vi-
1...,290,291,292,293,294,295,296,297,298,299 301,302,303,304,305,306,307,308,309,310,...402