RECENSIONI
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Vico, dal canto suo, riprende, accennandovi nel
De antiquissima
, l’esigenza
cartesiana e malebranchiana di ben demarcare i campi del corporeo e dello spi
rituale: a partire da questa considerazione respinge l’idea che sia presente un
conato nei corpi in movimento, perciò delegittima la pretesa che nei corpi vi sia
un’intenzionalità, un’intelligenza; in ultimo, il pensatore napoletano distingue
la fisica dalla metafisica sulla base dei loro differenti oggetti di studio e affran
ca il pensiero razionale dal ricorso alle qualità occulte, alle forze agenti in natu
ra, sostenendo che non si può spiegare la realtà corporea con le categorie con
cettuali proprie della scolastica e che la razionalità non segue oscuri e misterio
si disegni.
Al di là delle differenze, imputabili ad alcune tesi di fondo, esistenti tra Vico
e Malebranche, identico è il risultato a cui giungono i loro percorsi filosofici: tan
to per l’uno quanto per l’altro, la sfera fisica e quella morale costituiscono due
realtà eterogenee o, se si preferisce, due aspetti differenti della realtà. Evocando
brani delle
Orazioniinaugurali,
Fabiani mostra come Vico non solo approvi la psi
cologia cartesiana, ma assimili pienamente la visione malebranchiana per quel che
concerne la definizione della mente e del corpo, la loro distinzione - si noti, nel-
1’
Oratio VI,
la descrizione dell’uomo in termini dualistici e la collocazione del lin
guaggio e dei sentimenti tra mente e corpo -, la teoria delle passioni, il problema
teologico del peccato. Inoltre, nell’esposizione vichiana del mito di Giove si può
riscontrare un coerente sviluppo della critica malebranchiana alla causalità natu
rale e alle religione idolatriche: tanto per Malebranche quanto per Vico si può di
re che l’idea di Giove, la cui universalità è sentita e immaginata, è psicologica
mente anteriore, nella mentalità pagana, sia all’idea del vero di Dio sia all’idea di
tutti gli altri idoli; tanto per l’uno quanto per l’altro la mente pagana veicola i pro
pri pensieri attraverso il principio della causalità naturale - che coglie nessi ne
cessari là dove non ve n’è alcuno e confonde l’idea generale della causa con l’idea
indistinta dell’effetto - e quello delle forme sostanziali, a partire dal quale, essen
do ricondotta la fonte di ogni nostra conoscenza alla sensazione, la mente tende
a considerare realmente animata, viva e volitiva una realtà solo immaginata; tan
to per il filosofo francese quanto per il Napoletano la mente pagana è oscura a se
stessa, si forgia principi astrusi per comprendere il reale e surroga un vuoto di
pensiero con un pensiero fantastico.
Fabiani mostra, poi, come la correlazione tra nascita del pensiero e poesia,
colta dal filosofo francese, contribuisca ad accreditare la prossimità della con
cezione malebranchiana della mente pagana a quella costruita da Vico: in ter
mini antropologici si può dire che, per entrambi i pensatori, il pensiero nasce
come pensiero fantastico e la realtà esiste in quanto viene pensata: all’origine
del pensiero gioca, pertanto, un ruolo decisivo l’immaginazione, che, studiata
nel suo farsi storico, in una storicità che è tanto del soggetto quanto dei popo
li, peraltro è una forza sempre presente nell’uomo e da cui - si vedano le im
portanti analisi dell’Oratoriano non solo nella
Recherche de la vérité
ma anche
nel
Traiti de morale -
si può restare soggiogati sino a negare l’umanità e la ra
zionalità nei casi di stregoneria, di follia, degli uomini che si credono bestie. In