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RECENSIONI
Vico, per di più, questa nozione del pensiero primigenio è sviluppata nella fi­
gura del legislatore-poeta delle origini che, dominando la natura con la poesia
e creando così una dimensione sociale per sé e i propri simili, fa configurare
l’immaginazione come prima plasmatrice del pensiero, come quel «luogo» in
cui, cominciando a pensare attraverso miti e versi poetici, l’uomo si lascia alle
spalle il bestione che si aggirava per i boschi mosso esclusivamente dall’istinto.
L’immaginazione, tanto per Malebranche quanto per Vico, è la dimensione in
cui si dà l’unica creazione possibile per l’uomo: quella dell’errore, della falsità.
Alla luce di queste considerazioni, il mito può essere ben definito - come emer­
ge nello sviluppo del saggio di Fabiani - «il pensiero della penombra», un pen­
siero che riduce la realtà alla capacità della propria mente, modellandola attra­
verso l’immaginazione.
Nel passare, poi, alla trattazione della concezione del linguaggio, altro pas­
saggio decisivo di questo lavoro, Fabiani fa ben emergere come, secondo Ma­
lebranche, è l’uomo che pone un legame dove la natura non ne ha posto alcu­
no, associando liberamente segno e significato, percezioni e idee, per quanto il
linguaggio, il cui uso è frutto di una convenzione, segua determinate inclina­
zioni della natura umana: in questo contesto l’Oratoriano individua parametri
di giudizio applicabili ai linguaggi naturali dei popoli pagani e dunque, prima
di tutto, validi anche per le lingue classiche, il latino e il greco, mostrando di
aver ben presente una prospettiva storico-linguistica da cui osservare la natura
umana. Fermo restando che Malebranche non ha, come Vico, costruito una fi­
losofia del linguaggio né fondato su quest’ultimo buona parte della sua antro­
pologia, entrambi colgono una continuità di natura e di tempo tra i legami na­
turali che saldano segno e significato e i legami convenzionali; entrambi, inol­
tre, pensano il linguaggio come termine medio tra la mente e il corpo (e i cor­
pi), il che implica, in ultimo, che l’origine del linguaggio si situi nello «spazio»
dell’immaginazione e che la disparità tra linguaggio naturale, divino, eroico, e
linguaggio articolato - ovvero, in base al lessico della psicofisica malebranchia-
na, tra legami naturali e convenzionali - sia imputabile a un differente artico­
larsi della fantasia, alla capacità di comporre le varie immagini. Si tratta di una
tesi di fondo che, per quanto riguarda Malebranche, è stata - deplora l’A. - del
tutto misconosciuta, per cui è un merito di Fabiani aver canalizzato la sua at­
tenzione e le sua analisi su queste tematiche, che potremmo definire «periferi­
che», nell’ambito degli studi malebranchiani.
C’è, infine, un’altra dimensione in cui si può registrare una funzione, non cer­
to marginale, dell’immaginazione: si tratta della sua incidenza nel costituirsi delle
società. Come, per Vico, l’agire dell’immaginazione nella mente pagana, attraver­
so la regolazione, omologazione e trasformazione delle idee, ha una valenza posi­
tiva nella misura in cui rende possibile l’emergere dell’uomo dalla bestialità post­
diluviana nel costituirsi di relazioni sociali, così, dalla prospettiva di Malebranche,
l’immaginazione è «un potente collante sociale» e, considerando la nostra natura
corrotta a causa del peccato, un coefficiente imprescindibile nella salvaguardia dei
rapporti umani, pur nel loro instabile e malsicuro equilibrio. Nella misura in cui la
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