RECENSIONI
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del tempo. Sono così chiamati in causa i maggiori teorici dalla retorica barocca
(primo tra tutti Sforza Pallavicino), i cui principi subiscono in Vico un consa­
pevole riposizionamento filosofico, anche sulla falsariga della distinzione avan­
zata nelle
Institutiones oratoriae
tra la retorica come
sublimis orationis character
e l’eloquenza rivolta alle moltitudini, dove solamente la prima ottiene dignità di
discorso filosofico. Di qui assume consistenza la tesi della ripresa del tema lon-
giniano del sublime come elevazione (estatica) dell’anima in una visione sinot­
tica - affatto congruente con la centralità della conoscenza sintetica in Vico - e
quindi anche della ripresa dei metodi retorici corrispondenti.
Sull’ambizione metafisico-sistematica di Vico, invece, si concentra il capito­
lo sul diritto universale, che argomenta l’accordo di filosofia e filologia nel qua­
dro di un’idea di sistema di derivazione groziana, in cui «ragioni naturali e ra­
gioni storiche partecipino di una sola e medesima causa» (p. 68). Di tale idea
Luglio rivendica la piena corrispondenza al modello metafisico della
mathesis
universalis
(secondo la ricostruzione che ne dà Foucault) e legge quindi l’ambi­
zione teorica di Vico come il progetto di «determinare le leggi della
mathesis
per stabilire l’ordine delle cose in una
taxinomia
che è espressione delT'arte par­
ticolare di accordare il diritto al fatto’», ossia « l’ordine
della
storia» a « l’ordine
nella
storia» (p. 71). Sotto questa prospettiva, l’idea di un ordine eterno ripo­
sante in Dio vige da presupposto ultimo per la stessa nozione di «senso comu­
ne», come «ordine nel quale tutti gli uomini si riconoscono» (p. 73): un ordine
della verità che coincide in ultimo con quello rivelato nella tradizione cristiana.
Ecco allora l’insistenza di Luglio sulle radici agostiniane di un’idea «della sto­
ria dell’umanità come ritorno progressivo a Dio» (p. 78), matrice di una conce­
zione provvidenziale in cui la storia è «progettata in una prospettiva escatolo­
gica e rappresentata come un percorso spirituale consistente nella riconquista
progressiva del dominio della volontà e degli affetti da parte della ragione sot­
tomessa all’ordine eterno» (p. 84). La ricostruzione genetica dell’ordine
nella
storia svolta nell’indagine vichiana sulla «autorità» rivela a sua volta precisa-
mente questa «
mathesis
». Col De
constantia
si viene, ora, a completare il pro­
gramma enunciato nel
De uno,
di penetrare la conoscenza delle cose divine e
umane sotto il triplice rispetto de « l’origine, del circolo e della coerenza». In­
fatti, «la dimostrazione della coerenza filosofica della religione cristiana con i
principi della ‘emanazione’ e del ‘circolo’ fornisce la prova ultima dell’escato­
logia elaborata nel
De uno
e perciò stesso della ‘forma’ che hanno dovuto ne­
cessariamente assumere le decisioni dell’autorità umana nel corso della storia»
(p. 100). Ciò apre la strada al primo tentativo della nuova scienza, già caratte­
rizzata nella
parsposterior
del
De constantia
dall’alleanza tra conoscenza e reto­
rica, se è vero che la dimostrazione della coerenza della conoscenza filologica è
qui guadagnata mediante un’argomentazione entimematica, che sollecita il let­
tore stesso a farsi «creatore dell’evidenza argomentativa» (p. 106).
Si passa così - a metà libro - all’analisi dell’opera maggiore, di cui è accen­
tuata la continuità col
De uno.
La rigorosa coerenza metafisica tra ordine civile
e ordine eterno mostrata razionalmente in quest’ultimo scritto è esattamente la
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