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RECENSIONI
stessa, dice Luglio, che la
Scienza nuova
si dispone ad esporre non già in termi­
ni deduttivi ma al modo piuttosto di una «rappresentazione genetica e organi­
ca dell’ordine», intesa a «conferire al lettore-spettatore una dimensione attiva,
che lo metta in condizione di ricreare, e perciò stesso di verificare, in punto di
diritto e di fatto, la realtà di tale ordine», con ciò promuovendo essa stessa «una
vera esperienza scientifica in totale conformità con il principio del
verum-fac-
tum»
(p. 118). Se, ora, il maggior limite del procedimento deduttivo era quello
di occultare la necessità
storica
della provvidenza, adesso «il cammino del tut­
to contrario» intrapreso dalla
Scienza nuova
- come Vico dice - evita la boria di
una ragione filosofica cieca «dinanzi al carattere storico, ossia imperfetto e per­
fettibile, della natura umana» (p. 120), e nell’indagine circa la «natura» dei pri­
mi uomini dimostra appunto la necessità della provvidenza a partire dalle idee
particolari della «sapienza volgare», dietro a cui si dà a vedere la finalità uni­
versale che le trascende animando il «senso comune del genere umano», pale­
semente dono non della coscienza ma della provvidenza. Si compie così il «pas­
saggio da una metafisica razionalistica ad una teofania ‘storicistica’» (p. 126),
fedele alla condizione di «creatura decaduta» dell’uomo e però al tempo stesso
alla sua origine divina, «che ne implica teologicamente il ritorno a Dio» (p. 127).
La strategia argomentativa adeguata a quest’impianto (perseguita da Vico an­
che mediante l’opzione per la lingua italiana invece che latina: opzione che ha
un senso di rivendicazione di identità nazionale e religiosa, ma pure d’intenzio­
nale impiego della natura «ingegnosa» dell’italiano, della sua potenzialità reto­
rica) è appunto la
oratio sublimis.
E qui che si stringono i fili della tesi di una
corrispondenza necessaria tra impianto logico-metafisico-teologico e impianto
retorico-rivelativo.
Si tratta, come Luglio dice riferendosi alla spiegazione della dipintura, di
«rendere
es-tatica
questa conoscenza metafisica» (p. 151): «lo spirito del lettore
dev’essere piegato ad un assenso che non appartiene all’ordine dell’esatto, del
correttamente dedotto, ma all’ordine del ‘ciò va da sé’, del ‘ciò è
naturalmente
evidente’»; l’evidenza della realtà storica della provvidenza «dev’essere il risul­
tato di un’argomentazione che produce la
visione/presenza
delle cose» (p. 152).
A tal fine, Vico impiega in modo convergente e intrecciato due procedimenti re­
torici fondamentali. Da un lato quello dell’
analogia,
rappresentativa della retori­
ca del «concetto», particolarmente sviluppata nelle «degnità»: analogia tra cor­
po e storia dell’umanità, tra sangue e leggi della provvidenza, basata sul comune
carattere naturale dei due termini; analogia tra «ontogenesi e filogenesi». Dal­
l’altro quello della
mimesis,
rappresentativa della retorica longiniana del subli­
me e particolarmente sviluppata nel libro dedicato alla saggezza poetica: la dram­
matizzazione in «quadri viventi» -
enargés -
la cui efficacia è inversamente pro­
porzionale al grado di sviluppo civile descritto. Ora, però, questi stessi «quadri
viventi fanno più che accompagnare [...] l’argomentazione; essi ne sono, in ef­
fetti, la traduzione stessa, e per essere veramente compresi hanno necessità di es­
sere messi in rapporto con i principi teorici che ne guidano la composizione». Di
qui la «alternanza
degnità -
descrizione animata -
degnità»
(p. 159), ossia l’al-
1...,298,299,300,301,302,303,304,305,306,307 309,310,311,312,313,314,315,316,317,318,...402