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RECENSIONI
La recente pubblicazione delle due raccolte di saggi,
Naplesin thèEighteenth
Century. The Birth and Death of a Nation State,
a cura di G. Imbruglia (Cam­
bridge, Cambridge University P., 2000), e
EarlyModern Italy,
a cura di J. Mari­
no (Oxford, Oxford University P., 2002), potrebbero in qualche modo accre­
scere l’interesse del mondo anglosassone per la cultura napoletana e italiana nel
periodo successivo al Rinascimento, ma in assenza di un solido contesto stori­
co - sentito come un auspicio, e non una panacea - , gli studi su Vico pubblica­
ti recentemente da Nancy du Bois Marcus, Robert C. Miner, Sandra Rudnick
Luft e dello stesso Verene sembrano quasi costretti a sviluppare prospettive di
lettura ripartendo da zero. Fanno ciò in modi diversi: Du Bois cerca la relazio­
ne tra Vico e Platone ricreando contesti vichiani in Giovanni Pico della Miran­
dola, Agostino e lo stesso Platone; Miner legge Vico attraverso Nietzsche e la
pratica nietzscheana della genealogia; Luft, come è annunciato dal sottotitolo
di
Vico’s Uncanny Humanism,
interpreta la nuova scienza situandola tra le ca­
tegorie del Moderno e del Postmoderno; Verene chiosa Vico alla luce di Joyce.
Alcune di queste strategie di lettura risultano più efficaci, ma non può sfuggi­
re, complessivamente, la difficoltà di scrivere oggi su Vico, un autore che esige
una scrittura attenta all’intersezione di interessi storici, letterari e filosofici e che
richiede molteplici competenze, adeguata conoscenza e appropriazione del-
l’Antico attraverso problematiche postmoderne.
Come tutti i lettori di Vico ben sanno, Platone rappresenta il primo dei quat­
tro autori di riferimento del filosofo napoletano. Il volume della Du Bois intende
colmare una lacuna su un rapporto che mai era stato oggetto di una monografia;
inoltre, come l’ A. dichiara nell’introduzione, la sua ricerca è anche motivata dalla
convinzione che «la filosofia deve cominciare conPlatone» (p. XI), e che, per quan­
to il suo approccio sia fondato «sulla storia della filosofia occidentale», è anche ra­
dicato il convincimento che «le intuizioni filosofiche che emersero avrebbero po­
tuto essere scoperte in altri modi, giacché esse costituiscono verità umane e mora­
li senza tempo» (pp. XI-XII). Interrogandosi sulle possibilità di lettura di Platone
da parte di Vico, essendo i due filosofi separati da due millenni, Du Bois risponde
che è lo stesso Vico a fornire un metodo e una giustificazione per la scoperta del­
la verità nella storia. L’ A. aggira questioni riguardanti lo specifico della diffusione
dei testi antichi nella Napoli del Seicento («è impossibile sapere per certo se Vico
conoscesse una particolare frase di dialogo per aver letto quel determinato dialo­
go o un posteriore commento platonico», p. 8), e imposta il rapporto tra i due fi­
losofi ancorando la sua lettura a opere di particolare importanza nel lungo arco di
storia del pensiero che li divide, soffermandosi in particolare sulla
Oratio de ho­
minis dignitate
di Giovanni Pico della Mirandola e sulla
Civitas Dei
di Agostino.
All’interno del
corpus
platonico, Du Bois individua la
Repubblica,
il
Timeo,
il
Cri-
zia,
il
Politico,
le
Leggi
e il
Simposio
come i testi centrali per la sua interpretazione.
La prima parte del volume è dedicata al rapporto tra Vico e Platone attraver­
so la mediazione di Pico della Mirandola. L’osservazione di Cassirer (citata a p.
56), secondo il quale per il Rinascimento, tra ‘il principio creatore e il creato, tra
Dio e la creatura, si pone lo spirito dell’umanità,
humanitas,
come qualcosa che è
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