RECENSIONI
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insieme creatore e creato’, è cruciale per comprendere il modo in cui l’A. situa Vi­
co nella tradizione umanistica attraverso il principio del
verum-factum
e 0 suo ruo­
lo nella concezione vichiana della storia.
La seconda parte si centra sul modo in cui Vico recepisce la descrizione var-
roniana della religione romana (tramite cioè la rappresentazione che ne aveva
fatta Agostino) sulla relazione con il concetto di provvidenza in Agostino e sul
compito della pedagogia in un mondo segnato dalla caduta nel peccato. Du Bois
sostiene, per risolvere elegantemente la vecchia disputa sulla natura immanen­
te o trascendente della provvidenza vichiana, che quella di Vico è una conce­
zione che ha contratto un debito maggiore con le articolazioni pagane della teo­
logia naturale di quanto non abbia fatto nei confronti delle concezioni cristia­
ne della teologia rivelata (come dire, si arriva a Varrone passando per Agostino,
ma non ci si ferma ad Agostino).
Nella terza parte, dedicata a Platone, l’A. sostiene che, dopo esserci fatti stra­
da attraverso Pico e Agostino, siamo ora nella condizione di vedere in una nuova
luce il legame tra Atene e Napoli; inoltre, «leggere insieme Platone e Vico chiari­
sce le loro fondamentali intuizioni politiche e storiche» (p. 159). Tuttavia, una ri­
flessione sui temi della politica partendo dal rapporto tra Platone e Vico, risulta
di fatto ardua; FA. non fa riferimento né alla contestualizzazione francese di Pla­
tone in rapporto alla sofistica ad opera, tra gli altri, da Jacqueline de Romilly e
Barbara Cassin (il lavoro particolarmente istruttivo di Josiah Ober sulla demo­
crazia ateniese è parimenti assente), né alla riflessione della storiografia italiana
sulle problematiche politiche napoletane in età moderna. Come direbbe Quentin
Skinner, è difficile parlare di politica senza parlare di contesti politici.
Du Bois ritiene infine che si possa istituire un confronto tra Platone e Vico sul­
la base dei loro sforzi volti a conciliare tempo ed eternità: «Il tempo è l’immagine
mobile dell’eternità», dice Platone in
Timeo
37d; «Quantunque questo mondo sia
stato criato in tempo e particolare, però gli ordini ch’ella v’ha posto sono univer­
sali ed eterni», scrive Vico nel paragrafo 342 della
Scienza nuova
del 1744. D’altra
parte, la scelta dei testi non conduce ad una contestualizzazione di Vico in Plato­
ne, ma piuttosto al suo contrario, giacché è il platonico
eikon
ad essere interpreta­
to nel celebre frontespizio dell’opera di Vico, cosicché «leggere Platone con Vico
produce una comprensione dinamica e non statica della forma platonica» (p. 197).
A partire da uno sforzo di attualizzare Vico con uno sguardo costantemen­
te rivolto al concetto di genealogia di Nietzsche, Robert Miner, nel suo
Vico. Ge-
nealogist ofModernity,
propone una lettura discutibile del
verumfactum,
affer­
mando che «la genealogia presuppone l’idea che, in molte istanze particolari, il
factum
abbia delle affinità con il
falsum
[...]. Come è loro caratteristica, le ge­
nealogie tendono a demistificare una gamma di costruzioni culturali ritenendole
‘mal-fatte’ o ‘fatte in modo sbagliato’. Tutti i
facta
umani, nella metafisica di Vi­
co, sono in certa misura ‘fatti male’ poiché mostrano solo una vaga relazione
con l’autentica verità. Alcune costruzioni, tuttavia, possono essere esibite al­
l’interno di un racconto (che è esso stesso un
fatto
) come partecipanti più di al-
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